Preservare il ricordo. La terapia della dignità.

La terapia della dignità, sviluppata da Harvey Max Chochinov, è un approccio psicoterapeutico innovativo che si rivolge alle persone che si trovano a fare i conti con una malattia che limita la durata della vita, e al contempo a chi resta dopo che questa persona non ci sarà più. Questa terapia si concentra sul migliorare la qualità di vita residua del paziente, aiutandolo a accettare la propria condizione, affrontare le emozioni difficili, rinforzare il senso di dignità e sistemare eventuali questioni relazionali ancora in sospeso.

Obiettivi

L’obiettivo principale è quello di accompagnare la persona verso una morte serena e dignitosa, offrendo strumenti per diminuire la sofferenza, migliorare il benessere psicologico e rafforzare i legami affettivi, oltre a lasciare un ricordo positivo dopo la morte ai suoi cari. La terapia della dignità si basa su un ascolto attivo ed empatico, e su tecniche specifiche per esplorare i bisogni profondi, favorire la comunicazione con i propri cari e sostenere la speranza e il ricordo. 

Sebbene la terapia della dignità sia principalmente focalizzata sul sostegno del paziente durante la fase terminale della vita, i suoi effetti si estendono anche al periodo successivo alla morte.

Per chi resta

La terapia della dignità non si limita al solo paziente, ma offre un supporto fondamentale anche ai familiari e agli operatori sanitari coinvolti. Attraverso colloqui e debriefing, si cerca di elaborare il lutto, favorire la comunicazione e promuovere un sano processo di elaborazione del dolore. Una delle parti più importanti della terapia della dignità incoraggia il paziente a riflettere sul proprio vissuto e a lasciare un messaggio ai propri cari. Questo può assumere diverse forme, come una lettera, una registrazione audio o video, un elaborato o semplicemente un momento di condivisione profonda. Questo lascito, sicuramente emozionante e intimo, sarà sicuramente di grande conforto per i familiari, sia nel momento immediatamente successivo al lutto, sia nel tempo.

Come farla

La terapia della dignità solitamente è integrata in un percorso di cure palliative più ampio, che prevede il coinvolgimento di diverse figure professionali (medici, infermieri, psicologi, assistenti sociali) e l’offerta di un supporto globale al paziente e alla sua famiglia. Il supporto psicologico offerto dalla terapia può aiutare i familiari a elaborare il lutto in modo più sano e completo e, attraverso un rafforzamento dei legami familiari e la condivisione di ricordi ed emozioni, si acquisisce la consapevolezza di aver fatto tutto il possibile per preservare il ricordo positivo che perdurerà nel tempo.

Il documento generativo

La terapia ha come ultimo lascito il Documento Generativo, cioè un elaborato, solitamente scritto, che viene lasciato come eredità spirituale alle famiglie e ai cari dopo la dipartita. Questo viene redatto grazie all’aiuto del terapista, o della figura delegata, ascoltando, accogliendo e guidando il paziente, attraverso un percorso specifico e dedicato, che permetterà di raccogliere tutte le emozioni, sensazioni e ricordi che si vogliono tramandare. Sarà il paziente stesso a decidere chi saranno i destinatari di questo elaborato, che sarà consegnato e letto solo dopo la morte. Lo scopo, soprattutto nel caso di un percorso di cure palliative, dove paziente e familiari sono considerati un’unica entità di cura, è quello di alleviare il dolore, favorire una più rapida elaborazione del lutto e lasciare un ricordo indelebile e di conforto nel tempo, soprattutto nei periodi delle ricorrenze, considerati i più difficili da metabolizzare. 

La terapia della dignità rappresenta un approccio innovativo e prezioso per affrontare le sfide del fine vita, offrendo un sostegno psicologico personalizzato e attento ai bisogni individuali. Il successo di questa terapia sicuramente è nella sua accezione dualista, da una parte la dignità del malato e dall’altra parte il sostegno che i suoi cari avranno nel momento della dipartita. La morte è un momento di passaggio importante e segnante, noi delle Onoranze funebri Emidio e Alfredo de Florentiis lo ripetiamo spesso, e ogni aiuto per favorire una rapida elaborazione del lutto e garantire che il ricordo positivo si tramandi nel tempo, è importantissimo e a volte indispensabile. 

Il Muro Emotivo: una barriera protettiva

La perdita improvvisa di una persona cara, soprattutto in giovane età, lascia un vuoto incolmabile nel cuore e nella vita di chi resta. Questo vuoto, spesso accompagnato da un dolore intenso e persistente, può proiettare un’ombra lunga e oscura sulle relazioni future, in particolare quelle amorose. Molti si trovano a chiedersi se sia possibile amare di nuovo dopo aver sperimentato una perdita così devastante, e la risposta, purtroppo, non è semplice. La morte di una persona cara, soprattutto se inaspettata, innesca, come sappiamo, un processo di lutto complesso e individuale. Il dolore, la rabbia, la confusione e la paura sono emozioni intense e spesso travolgenti, che possono condizionare profondamente la nostra visione del mondo e delle relazioni interpersonali future. 

“Non ero mai stata in cimitero nel giorno dei morti. Dopo l’evento che più di ogni altro aveva segnato la mia vita, mi ero sempre astenuta da quell’annuale pellegrinaggio, riservando le visite a mio padre a momenti inusuali, nei quali sapevo di poter sostare in solitaria e indisturbata davanti alla sua tomba”

(Angela Capobianchi, I giochi di Carolina)

Il muro emotivo

È questo passaggio del libro di Capobianchi che ci ha ispirato nel parlare di questo argomento. Uno dei primi ostacoli che si incontrano nel tentativo di riaprire il cuore all’amore è la costruzione di un muro emotivo. Questo muro, eretto per proteggersi da un’ulteriore ferita, può manifestarsi in diversi modi. La paura di amare nuovamente è spesso radicata nella convinzione che un nuovo legame affettivo possa portare a un’altra perdita dolorosa e alcuni provano un senso di colpa per aver pensato di poter amare di nuovo, come se fosse un tradimento nei confronti della persona scomparsa. Questo porta alla tendenza di isolarsi ed evitare le relazioni interpersonali profonde come a creare una barriera per proteggersi da un eventuale nuovo dolore. 

Una barriera protettiva

Il muro emotivo è una sorta di corazza psicologica che costruiamo per proteggerci dal dolore, dalla paura e da altre emozioni negative. Dopo una perdita significativa, come la morte di una persona cara, questo muro può diventare particolarmente solido e difficile da abbattere. È un meccanismo di difesa naturale che ci permette di far fronte a un trauma, ma che, se non gestito correttamente, può isolarci dagli altri e impedirci di vivere appieno la nostra vita, come se entrassimo in un buco nero che risucchia le nostre emozioni. 

Come superare le difficoltà

Superare il dolore della perdita e riaprire il cuore all’amore richiede tempo, pazienza e un profondo lavoro su se stessi. Il lutto è un processo individuale e non esistono tempi prestabiliti per guarire. È importante concedersi il tempo di elaborare il dolore e di accettare la perdita. Per questo sarà molto importante parlare con amici, familiari o un terapeuta, che saranno sicuramente di grande aiuto per esprimere le proprie emozioni e ricevere il giusto sostegno. Mantenere vivo il ricordo della persona amata, e abbiamo visto in altri articoli quanti modi esistono, può aiutare a elaborare il lutto e a riaprirsi gradualmente alle relazioni interpersonali, anche quelle più superficiali, per ritrovare un senso di  connessione con gli altri.

Il giorno dei  morti: un ponte verso la guarigione

Il giorno dei morti, pur essendo un momento di commemorazione e dolore, può rappresentare anche un’opportunità per superare questo muro emotivo. questa festività, infatti, offre uno spazio sicuro e socialmente accettato per esprimere il proprio dolore e la propria tristezza. Piangere, ricordare e condividere i propri ricordi con gli altri può essere un primo passo importante per liberarsi dalle emozioni represse e per ritrovare una connessione col resto dell’umanità che ci sembra perduta. Visitando il cimitero o partecipando a riti commemorativi, si può rafforzare il legame con la persona scomparsa e sentirsi meno soli ma anche favorire l’incontro con altre persone che hanno vissuto un lutto simile, e iniziare a capire che non abbiamo questa esclusiva. Perciò questa ricorrenza può essere un’occasione per trasformare il dolore in qualcosa di positivo, come la gratitudine per il tempo trascorso insieme alla persona amata o l’impegno a vivere al meglio la propria vita in sua memoria.


È importante ricordare che il dolore della perdita, per quanto intenso, non dura per sempre. Con il tempo e il giusto supporto, è possibile guarire e riprendere a vivere. Amare di nuovo non significa dimenticare chi abbiamo perso, ma significa trovare la forza di andare avanti e di costruire un nuovo futuro. Il muro emotivo è una reazione naturale alla perdita di una persona cara, tuttavia, è importante ricordare che non è un ostacolo insormontabile. Il giorno dei morti,
insieme ad altre strategie, può rappresentare un’opportunità per iniziare a smantellare questo muro e riaprirsi alla vita. Noi delle Onoranze Funebri Emidio e Alfredo de Florentiis siamo una piccola parte di questo processo, in quanto ti aiutiamo a alleggerirti e a non dover pensare al rito funebre, ma solo ad onorare la memoria del tuo caro. 

Autunno, una stagione di parole e ombre: la letteratura di fronte alla morte

L’autunno, con la sua atmosfera malinconica e le giornate che si accorciano, è da sempre associato alla commemorazione dei defunti. Le foglie che cadono dai rami spogli sembrano riflettere la fragilità della vita e l’inevitabilità della morte, temi che hanno da sempre affascinato e inquietato l’uomo. La letteratura, con la sua capacità di evocare emozioni e sensazioni, ha spesso scelto questo periodo come sfondo per raccontare storie di lutto, di nostalgia e di perdita.

La tradizione letteraria è ricca di opere che hanno saputo cogliere l’essenza malinconica autunnale, trasformando la morte da evento tragico in un’occasione per riflettere sulla vita, sull’amore e sui legami che ci uniscono ai nostri cari. I poeti, in particolare, hanno trovato in questa stagione un’ispirazione profonda, dando voce al dolore e alla speranza.

Giovanni Pascoli: l’autunno come metafora della vita

Uno dei poeti che più ha saputo catturare l’atmosfera di questa stagione è stato Giovanni Pascoli. Nelle sue poesie, l’autunno diventa una metafora della vita che declina. In Novembre, il poeta descrive un paesaggio autunnale che sembra riflettere il suo stato d’animo: la natura morente diventa lo specchio di una perdita interiore, di un dolore profondo e intimo.

Pascoli, attraverso un linguaggio ricco di simboli e suggestioni, riesce a trasmettere al lettore un senso di malinconia e di nostalgia, ma anche una profonda consapevolezza della bellezza della vita, anche di fronte alla morte.

La morte come tema universale nella letteratura

Il tema della morte non è esclusivo della letteratura italiana. In ogni cultura e in ogni epoca, gli scrittori hanno affrontato questo argomento, cercando di dare un senso al mistero dell’esistenza e di offrire conforto a coloro che sono stati toccati dalla perdita.

Dall’antica Grecia, con le tragedie di Eschilo e Sofocle, fino ai romanzi contemporanei, la morte è sempre stata presente, sia come protagonista che come sfondo delle storie. Autori come Edgar Allan Poe, con le sue atmosfere tenebrose e i suoi racconti macabri, o Gabriel García Márquez, con la sua capacità di fondere realtà e fantasia, hanno esplorato le diverse sfaccettature della morte, dalla paura alla speranza, dalla disperazione alla redenzione.

La letteratura contemporanea: nuove sfumature di un tema eterno

Se nella letteratura classica e romantica l’autunno è spesso associato a un’atmosfera malinconica e introspettiva, nella narrativa contemporanea questo periodo assume sfumature più complesse e sfaccettate. Gli scrittori contemporanei, infatti, non si limitano a descrivere il dolore della perdita, ma esplorano le diverse modalità con cui l’individuo affronta la morte, le sue implicazioni sociali e le sue conseguenze psicologiche. Haruki Murakami esplora spesso il tema della morte attraverso atmosfere oniriche e surreali, ponendo interrogativi sulla natura della realtà e sull’identità; Don DeLillo affronta il tema della morte in modo più razionale e filosofico, esplorando le paure e le ansie dell’uomo contemporaneo di fronte all’ignoto, mentre la scrittrice italiana Elena Ferrante esplora il tema della morte attraverso le relazioni umane, mostrando come la perdita di una persona cara possa influenzare profondamente la vita degli altri.

La morte come personaggio

In molti romanzi contemporanei, la morte non è più un semplice sfondo, ma diventa un vero e proprio personaggio, con un ruolo attivo nella trama. Viene personificata, antropomorfizzata, e spesso dialoga con i personaggi vivi, ponendo interrogativi sulla natura dell’esistenza e sul senso della vita. In altri casi, funge da catalizzatore per l’azione, innescando una serie di eventi che mettono alla prova i personaggi e li costringono a confrontarsi con le proprie paure e le proprie fragilità. La morte non è più vista esclusivamente come una fine, ma anche come un’opportunità di rinascita, di liberazione dal dolore e dalle sofferenze. Molti scrittori contemporanei affrontano il tema della morte in modo più laico e razionale, integrandolo nella narrazione come un evento naturale e inevitabile, cercando di esplorare anche le implicazioni sociali, affrontando temi come l’eutanasia, il lutto e il rapporto tra la vita e la morte in una società sempre più tecnologica.

L’autunno, con la sua atmosfera malinconica e introspettiva, è una stagione che ci invita a riflettere sulla vita e sulla morte. La letteratura, con la sua capacità di evocare emozioni e sensazioni, ci offre un modo per esplorare questo tema complesso e affascinante. Le opere letterarie che parlano di questi argomenti indubbiamente sono state ispirate da questa atmosfera spesso malinconica, ma, soprattutto con gli autori contemporanei, ci ricordano che la vita è un dono prezioso, da vivere intensamente e con consapevolezza, e che la morte, pur essendo inevitabile, non è la fine di tutto. E, nel nostro piccolo, anche noi delle Onoranze Funebri Emidio e Alfredo de Florentiis, siamo convinti di questo.

Detti e aforismi sulla morte: riflessioni su parole eterne

“Chi ben vive, ben muore”

“La morte è certa, l’ora è incerta”

“Chi muore da giovane va in paradiso”

“Pagare e morire c’è sempre tempo”

Chi non ha mai sentito uno di questi proverbi? E chissà quanti altri ne conoscerai. La morte, tema universale e inevitabile, ha da sempre ispirato filosofi, poeti, persone comuni e detti popolari. Nel corso dei secoli, infatti, ne sono nati innumerevoli, sia di detti che aforismi, che tentano di dare un senso a questo mistero, di consolare, di riflettere, di preparare.

Siamo italiani, non possiamo nasconderlo, e la nostra lingua è ricca di proverbi e detti che affrontano il tema della morte con una miscela di fatalismo, accettazione e speranza. Tutti noi abbiamo almeno una volta sentito un proverbio su questo argomento, o abbiamo usato un aforisma per ricordare un nostro caro che non c’è più, sempre con lo scopo di accelerare il processo di accettazione

Perché diciamo questi detti?

L’uso di detti e aforismi sulla morte serve a diversi scopi, come esprimere solidarietà e offrire parole di conforto in momenti di lutto, invitare a pensare al senso della vita e alla propria mortalità, aiutare a fare i conti con l’inevitabilità della morte, ma anche a trasmettere valori e credenze da una generazione all’altra o identificare una comunità. 

La genesi dei detti sulla morte spesso è frutto di esperienze personali, infatti la perdita di una persona cara può ispirare riflessioni profonde e dare origine a frasi memorabili, ma anche da osservazioni sulla vita e da credenze religiose e filosofiche. Le diverse culture e religioni hanno sviluppato visioni differenti della morte, influenzando il modo di parlarne e di raccontarla, a volte utilizzando frasi profonde, a volte prendendosene gioco, come ad allontanarla. 

Non solo in Italia

L’idea di confrontare i detti sulla morte in diverse culture è affascinante e ci permette di scoprire come le diverse società affrontano un tema così universale. Questo confronto risulta interessante perché ci permette di avere visioni del mondo diverse: ogni cultura ha una propria visione del mondo, dell’anima e dell’aldilà e questo si riflette inevitabilmente nei detti e nei proverbi sulla morte. Come già accennato i detti sulla morte spesso riflettono i valori fondamentali di una cultura, come la famiglia, l’onore, la religione. Ogni cultura ha i propri rituali e modi di affrontare il lutto. I detti possono offrire indicazioni su questi processi.

Esempi di detti da diverse culture

Nella cultura occidentale i detti, in genere, cercano di enfatizzare l’importanza di una vita virtuosa e rispettosa del prossimo, mentre se guardiamo al passato ritroviamo un monito alla consapevolezza della propria mortalità, soprattutto con la prima cristianizzazione.
Nelle culture orientali, la morte è solo un passaggio ad un’altra vita, pensiamo al buddismo che sottolinea la ciclicità della vita e la reincarnazione.
Le culture africane ci offrono una visione diversa e romantica della morte, infatti in queste i morti non sono mai veramente morti finché sono ricordati, sottolineando l’importanza della memoria degli antenati.
Nelle culture amerindiane quando un uomo muore, una stella nasce simboleggiando la trasformazione dell’anima dopo la morte.
Naturalmente il discorso sarebbe infinito, qui abbiamo voluto riportare alcuni esempi. 

I detti e gli aforismi sulla morte sono un prezioso patrimonio culturale che ci accompagna da secoli. Attraverso queste brevi frasi, esprimiamo le nostre emozioni più profonde e cerchiamo di dare un senso a un mistero che affascina l’umanità da sempre.

Naturalmente anche il nostro lavoro, quello delle Onoranze funebri Emidio e Alfredo De Florentiis, è pieno di detti e aforismi, fortunatamente simpatici il più delle volte, che ci rendono fieri comunque di far parte del processo di accettazione di questo fatto umano inevitabile. 

11 domande (e risposte) sulla morte

La perdita di una persona cara, lo abbiamo visto diverse volte, è un’esperienza universale che lascia un vuoto incolmabile. Il dolore, la confusione e le domande che ne derivano sono spesso travolgenti. Abbiamo già affrontato questo tipo di argomento in un precedente articolo, ma  in questo esploreremo alcune delle domande più personali e intime, e le relative risposte, che ci poniamo di fronte alla morte di una persona amata, cercando di offrire una comprensione più profonda delle emozioni e dei processi coinvolti nel lutto. in particolare vogliamo offrirti un estratto di un articolo pubblicato su la mente è meravigliosa dove l’autore cerca di dare una risposta a queste domande, apparentemente banali ma che in quel momento possono darci un grande disagio. 

  • Dimenticherò la sua voce, la sua risata, il suo viso? No, questo non succederà mai, rimarranno sempre nei nostri ricordi, anche se diventeranno meno nitidi col tempo.
  • Sto impazzendo? Riuscirò a sopportarlo? È normale sentirsi così all’inizio. È una reazione comune al dolore, e si sopravvive, ma bisogna darsi il tempo di metabolizzare la perdita.
  • Quanto durerà tutto questo? Il tempo varia da persona a persona, ma il primo anno, soprattutto quando si avvicinano le feste e le ricorrenze, è solitamente il più difficile.
  • Tornerò ad essere come prima? No, dobbiamo essere realisti, ogni perdita ci cambia, ma possiamo crescere e trovare nuovi equilibri.
  • Perché è successo a me? Perché mi ha lasciato? Perché adesso? Sono domande naturali, ma non sempre hanno risposte. Cercare di dare un senso può aiutare, ma non dobbiamo cercarlo a ogni costo. 
  • Sono malato/a? No, non si è malati, è una reazione emotiva normale, che a volte colpisce anche il fisico, ma non dobbiamo preoccuparci, passerà appena riusciremo a rilassarci. 
  • Ho bisogno di aiuto psicologico? Dipende da persona a persona. Se il dolore è troppo forte, sicuramente un professionista può aiutare.
  • Che ne faccio delle sue cose? Non c’è una risposta giusta. Ognuno decide in base alle proprie emozioni o cercando di rispettare le scelte che il nostro caro avrebbe fatto in vita.
  • Il tempo guarisce tutto? No, purtroppo il tempo non guarisce, soprattutto se è un lutto al quale non eravamo preparati, ma ci dà una nuova prospettiva e attenua il dolore.
  • Quando finisce il lutto? Quando torniamo a vivere e a investire nelle nostre relazioni, quando metabolizziamo, quando il pensiero non ci crea tristezza e quando riusciamo a raccontare il ricordo positivo che ci ha lasciato il nostro caro.
  • Che ne faccio di tutto ciò che sto provando? Esplorare le emozioni attraverso la scrittura, la musica o altre attività può aiutare. Questo periodo di forti sensazioni può essere trasformato in qualcosa di positivo.

In sintesi, il lutto è un processo individuale e complesso. È normale provare una gamma di emozioni intense e porsi molte domande. Non esiste una soluzione unica, ma è importante concedersi il tempo di elaborare il dolore e cercare il supporto necessario. Anche se alcuni di questi quesiti ci sembrano banali e poco intelligenti, non dobbiamo mai scordarci che durante questo periodo siamo estremamente fragili, la vita cambia in pochi minuti, ciò che succede nei giorni successivi al lutto ci travolge ed è solo dopo alcuni giorni, quando finalmente possiamo fermarci, che le domande ci piombano pesanti sulle spalle. L’essere consapevoli che non esiste nulla di sbagliato, e che questa è una normale reazione degli esseri umani alla morte, sicuramente sarà un piccolo appiglio per iniziare a elaborare il lutto.

Il lutto è un percorso individuale e non esiste una risposta unica a tutte le domande che sorgono in quel momento. È importante ricordare che è normale provare una vasta gamma di emozioni e che il tempo è un alleato prezioso nella guarigione. L’accettazione della perdita, seppur dolorosa, è il primo passo verso la ripresa. Ricercare il supporto di amici, familiari o di un professionista può essere di grande aiuto durante questo difficile momento. Noi, delle onoranze funebri Emidio e Alfredo de Florentiis, per via del nostro lavoro, viviamo con voi attimi di questo dolore, sollevandovi, grazie alla nostra preparazione e professionalità, da tutte quelle incombenze burocratiche e organizzative che aggiungerebbero fastidio al  dolore già intenso. Il nostro aiuto vi permetterà di onorare e celebrare la vita del vostro caro che ci ha lasciato, nel rispetto delle sue volontà e dei desideri. 

Tragedia sulla strada: le regole per i trasporti funebri

Gli incidenti stradali, purtroppo, sono un triste evento della nostra quotidianità, che per via dell’aumento del traffico dovuto agli esodi estivi, si verificano più frequentemente in questo periodo. Quando, purtroppo, c’è bisogno di coinvolgere i  trasporti funebri, il dolore si fa ancora più profondo, richiedendo una gestione particolarmente delicata, celere e rispettosa. Ma quali sono le norme che regolano queste situazioni?

La delicatezza del momento e le regole da seguire

Gli incidenti mortali che coinvolgono cortei funebri rappresentano un momento di grande dolore per le famiglie colpite. È fondamentale che le autorità competenti e gli operatori del settore agiscano con la massima sensibilità e professionalità, garantendo il rispetto dei defunti e dei loro cari.

Non esiste una normativa specifica a livello nazionale che disciplini in modo esaustivo la gestione di incidenti mortali che coinvolgono trasporti funebri. Tuttavia, diverse disposizioni legislative e regolamentari, a livello sia nazionale che regionale, forniscono indicazioni utili per affrontare queste situazioni.

Le normative che regolano il trasporto funebre, in particolare in casi eccezionali come gli incidenti, sono, come appena detto, un insieme complesso di leggi e regolamenti che possono variare leggermente da regione a regione. Tuttavia, esistono alcuni principi fondamentali e riferimenti normativi generali che è utile conoscere.

  • DPR 285/1990: questo decreto, noto come “Regolamento di polizia mortuaria”, è uno dei principali riferimenti normativi in materia di servizi funebri. Al suo interno sono disciplinate le modalità di trasporto delle salme, le autorizzazioni necessarie e le procedure da seguire.
  • Leggi regionali: ogni regione può emanare leggi e regolamenti specifici in materia di servizi funebri, che possono integrare o specificare ulteriormente le disposizioni del DPR 285/1990.
  • Norme comunali: anche i comuni possono adottare regolamenti locali per disciplinare aspetti specifici del servizio funebre, come ad esempio le modalità di trasporto all’interno del territorio comunale.

Altre accortezze da adottare

In caso di incidente, è fondamentale che i soccorsi intervengano tempestivamente sul luogo dell’evento. I vigili del fuoco, le forze dell’ordine e il personale sanitario devono operare in coordinamento per garantire la sicurezza di tutti i presenti e per effettuare i rilievi necessari. La salma deve essere sempre trattata con il massimo rispetto. È necessario adottare tutte le misure necessarie per preservare la dignità e la perfetta conservazione in caso venga predisposta l’autopsia e per evitare ulteriori traumi.

La parte più brutta e delicata è sicuramente la comunicazione dell’avvenuto alle famiglie che devono essere informate tempestivamente dell’accaduto e accompagnate in questo difficile momento. È importante che vengano tenute aggiornate sugli sviluppi della situazione e che venga loro fornita assistenza psicologica, se necessario. Inoltre la scena dell’incidente deve essere gestita con la massima discrezione, evitando di creare situazioni di allarme o di turbamento per i passanti.

Cosa fanno le Onoranze funebri?

In tutto questo troviamo anche le agenzie di onoranze funebri, che svolgono un ruolo fondamentale nella gestione delle salme e nell’organizzazione delle esequie. È importante che queste collaborino strettamente con le autorità competenti per garantire il rispetto delle volontà delle famiglie. La gestione di incidenti mortali che coinvolgono trasporti funebri presenta diverse sfide, tra le quali l’impatto emotivo da gestire e la complessità delle procedure che in taluni casi possono essere complesse e richiedere un coordinamento tra diverse figure professionali. 

Naturalmente la mancanza di una normativa specifica e nazionale univoca può rendere difficile la gestione di questi eventi.

In questi casi perciò è fondamentale affidarsi a un’agenzia funebre che sia in possesso di tutte le autorizzazioni necessarie e che operi nel rispetto delle normative vigenti. In questo modo saremo sicuri che tutte le procedure siano svolte correttamente e non ci saranno problemi postumi. Ci sentiamo di lasciare un appunto: prima di affidare l’organizzazione del funerale a un’agenzia funebre, è utile sempre informarsi sulle procedure da seguire e sui costi da sostenere, e in caso di dubbi o perplessità, non esitare mai a chiedere chiarimenti all’agenzia funebre o alle autorità competenti.

Gli incidenti mortali che coinvolgono trasporti funebri rappresentano una tragedia che lascia un segno profondo nelle persone coinvolte. È fondamentale che le autorità competenti e gli operatori del settore agiscano con la massima professionalità e sensibilità, garantendo il rispetto dei defunti e delle loro famiglie. Purtroppo gli impresari funebri come noi delle Onoranze funebri Emidio e Alfredo De Florentiis, dobbiamo affrontare anche queste spiacevoli situazioni che aggiungono dolore al dolore. Per questo siamo sempre preparati, formati e aggiornati costantemente, in modo da offrire il servizio più veloce e discreto possibile, magari liberando un poco di questo peso le persone che rimangono. 

Sarco: la capsula del suicidio assistito scatena il dibattito

Il dibattito sul suicidio assistito è sempre polarizzante e denso di argomenti che spaziano dall’etica al diritto, ed è sempre complicato trattare qualunque sfumatura collaterale che riguardi questo tema. Noi vogliamo comunque provarci, cercando di illustrare un’idea, che al momento non può esistere in realtà, ma che ci fa ragionare su come questo dibattito possa svilupparsi e fondersi con la tecnologia. Infatti il problema più complesso da affrontare per quanto riguarda il suicidio assisitito, è sicuramente quello di chi deve procedere materialmente a accompagnare la persona che decide per questa pratica. Una soluzione a questo problema cerca di offrirlo il progetto Sarco, tanto innovativo quanto chiacchierato. 

Una nuova frontiera nel fine vita o un pericoloso scivolamento verso la banalizzazione della morte?

La capsula Sarco, ideata dall’inventore australiano Philip Nitschke e sviluppata in Svizzera, ha scatenato un acceso dibattito sul diritto all’autodeterminazione in materia di fine vita e sul ruolo della tecnologia nella morte. Infatti, se da una parte sembra una rivoluzione verso l’autodeterminazione di questo diritto, dall’altra alcuni osservatori più critici parlano di banalizzazione di questo passaggio così importante e segnante della vita di tutti noi. Ma andiamo con ordine e vediamo bene di capire di cosa stiamo parlando.

Come funziona Sarco:

Come suggerisce la parola, Sarco sta per sarcofago, ed è una capsula progettata per agevolare il suicidio assistito. Questa funziona facendo sdraiare la persona all’interno, per poi attivare il processo premendo un pulsante. A questo punto il gas di azoto inizia a fluire all’interno della capsula, abbassando la concentrazione di ossigeno e inducendo l’addormentamento in pochi minuti, la morte sopraggiunge per ipossia, senza dolore o panico. Un processo semplice ma che ha sollevato diverse questioni etiche, tra cui il rischio di abusi e la banalizzazione della morte.

Aspetti legali ed etici:

Sarco, sebbene esistente, non è ancora legalmente autorizzata in nessun Paese e il dibattito su un suo eventuale utilizzo è tuttora in corso. I sostenitori del progetto vedono in Sarco uno strumento per una morte dignitosa e autonoma, mentre gli oppositori temono che possa facilitare il suicidio impulsivo e depenalizzare l’eutanasia.

Le opinioni su questo metodo, come abbiamo accennato sopra, sono molto diverse e polarizzate. Alcuni la vedono come un’innovazione progressista che garantisce il diritto di ogni individuo a scegliere come e quando morire, mentre altri la considerano un macabro strumento che rischia di banalizzare la morte e di aumentare i casi di suicidio, anche per casi che possono essere affrontati con altri metodi di sostegno.

Il futuro di Sarco

Al momento, Sarco è in fase di sperimentazione in Svizzera, e l’associazione Exit International prevede di renderla disponibile per i propri membri nel 2025.

È importante valutare i potenziali benefici e rischi di Sarco con attenzione e responsabilità, considerando le implicazioni etiche, legali e sociali di questa nuova tecnologia. Infatti il problema più grande per le eutanasie, è il rendere autonomo il procedimento, in modo che chi decide di ricorrere a questa pratica possa schiacciare il bottone senza alcun ausilio esterno. La scelta di porre fine alla propria vita è una decisione estremamente complessa e personale, che deve essere presa con consapevolezza e senza pressioni, e essere comunque l’estrema ratio, e non la normalità.

Noi delle Onoranze funebri Emidio e Alfredo de Florentiis siamo sempre informati su ciò che accade nel nostro mondo, che non comporta solo le Onoranze funebri in senso stretto, ma qualunque argomento che riguardi la morte. Anche il dibattito sul fine vita riguarda la morte, ed è un argomento che dovrà essere analizzato e normato nei prossimi anni togliendo spazio a interpretazioni e ambiguità di qualunque origine. Non possiamo schierarci, e non lo faremo mai, il nostro ruolo nella società è onorare i defunti, rendere più agevole quel momento alle famiglie e a chi resta, e accompagnare nel suo ultimo viaggio il nostro caro, nel totale rispetto delle sue volontà, senza giudizio per le sue scelte in vita.

Viaggio verso l’ultima destinazione: il trasporto funebre internazionale

A tutti è capitato di vedere o semplicemente sentire di qualche persona che ha abbandonato questa vita, mentre si trovava all’estero. Naturalmente, e come è giusto che sia, non ci facciamo mai grandi domande tecniche, ma comunque è un tema importante che può verificarsi. Oggi affrontiamo una problematica delicata e spesso trascurata: il trasporto funebre internazionale, un argomento complesso che richiede attenzione, pianificazione e la massima professionalità.

Cosa fare quando un caro viene a mancare all’estero?

La perdita di una persona cara è un evento doloroso che sconvolge la vita di chi rimane. Se questo evento luttuoso avviene all’estero, il dolore si amplifica a causa delle difficoltà burocratiche e organizzative legate al rimpatrio della salma.

Infatti ci potremmo trovare di fronte a un labirinto legale difficile da capire e districare. I documenti e le normative non mancano naturalmente, ma bisogna prestare estrema attenzione a produrli, in modo che non ci siano problemi una volta rientrati in patria.  

Per far fronte a questa situazione delicata, è fondamentale affidarsi a un’impresa funebre specializzata nel trasporto internazionale. Questi professionisti saranno in grado di guidarvi attraverso il labirinto di documenti e normative necessari, sia in Italia che nel paese di destinazione.

I documenti che bisogna produrre per non avere nessuna sorpresa all’arrivo in patria del nostro caro sono diversi e sono indispensabili per poter trasportare la salma. Vediamoli nel dettaglio:

  • certificato di morte: rilasciato dal comune di decesso.
  • passaporto o carta d’identità del defunto: valido e in buono stato.
  • autorizzazione al trasporto funebre internazionale: rilasciata dall’autorità sanitaria locale del comune di decesso.
  • dichiarazione di imbalsamazione: se il defunto è stato imbalsamato.
  • certificato di non contagiosità: rilasciato da un medico necroscopo, se il decesso è avvenuto per malattia infettiva.
  • visto d’ingresso: se il trasporto avviene verso un paese che richiede il visto.

Oltreconfine, tra leggi e regolamenti

Oltre ai documenti necessari, è fondamentale conoscere le leggi che regolano il trasporto funebre internazionale. In Italia questa fattispecie è normata dalla convenzione di Berlino, essendo l’Italia un paese aderente dal 2018, che fu sottoscritta nel 1937 nella capitale tedesca, e individua alcune disposizioni come il Passaporto Mortuario, rilasciato dall’autorità competente del luogo di decesso o esumazione, come deve essere imballata la salma e con quali mezzi può essere trasportata. Naturalmente questo vale solo nei Paesi aderenti a questa convenzione.

Le normative per il trasporto funebre internazionale, al di fuori di particolari convenzioni come visto appena sopra, variano notevolmente da Paese a Paese. Per questo motivo, in caso si verifichino questi episodi, è fondamentale contattare immediatamente l’ambasciata o il consolato del Paese di destinazione per ottenere informazioni precise e aggiornate, e in molti casi essere seguiti durante le procedure. Infatti le controversie e criticità sono sempre presenti, soprattutto in questi casi.  

Il trasporto funebre internazionale può essere un processo complesso e costoso, che può generare diverse controversie, come problemi di successione o di rispetto delle volontà del defunto e, in particolare se si proviene da Paesi che non aderiscono alla convenzione di Berlino, potrebbero esserci problemi legali, magari legati allo stabilire le cause del decesso o alle condizioni di trasporto. In ogni caso, 

per affrontare al meglio questa delicata situazione, i nostri consigli sono quelli di affidarsi a un’impresa funebre specializzata nel trasporto internazionale, pianificare il trasporto in anticipo, informarsi sulle normative vigenti nel paese di destinazione e stipulare un’assicurazione per il trasporto funebre.

Il trasporto funebre internazionale è un tema delicato che richiede attenzione, sensibilità e la massima professionalità. Affidandosi a esperti del settore, come le Onoranze funebri Emidio e Alfredo de Florentiis, e seguendo i consigli che ti daremo, è possibile affrontare questo difficile momento con serenità e rispetto per il defunto. E ricordate che non siete soli.

Il pensiero di Dante sulla morte

Il 25 marzo è passato da un po’, ma in questi giorni le cronache ci hanno messo ancora davanti a Dante. Naturalmente non siamo qui per parlare di questi fatti, né a disquisire del perché sia corretto studiare l’autore toscano a scuola, ma questo ci ha dato la possibilità di raccontare ancora una volta, e con un altro punto di vista, il pensiero di Dante sulla morte. infatti, la morte, è un tema centrale nella vita e nell’opera del poeta, che viene rappresentata come un passaggio obbligato per ogni individuo, un momento di giudizio divino e l’inizio di un nuovo viaggio nell’aldilà.

Nell’Inferno, il libro che tutti ricordiamo maggiormente della Divina Commedia, la morte è vista come una punizione per i peccati commessi in vita. I dannati sono condannati a supplizi eterni, proporzionati alla gravità delle loro colpe. Dante descrive con dovizia di particolari le atroci sofferenze dei dannati, creando un’atmosfera di terrore e disperazione, ma anche di avvertimento, come a dire che è la condotta terrena e il nostro libero arbitrio a condizionare il nostro posto nell’aldilà. Nel Purgatorio, la morte assume un significato diverso. Qui le anime si purificano dai loro peccati attraverso pene temporanee, in attesa di accedere al Paradiso. La morte è vista come un processo di purificazione necessario per raggiungere la beatitudine eterna. Nel Paradiso, la morte non esiste più. Le anime beate godono di una felicità perfetta e perenne, in contemplazione della luce divina. La morte è stata sconfitta e l’uomo ha raggiunto la sua piena realizzazione.

Oltre a queste tre visioni principali, la morte è presente in tutta la Commedia come simbolo di: trasformazione che rappresenta la fine della vita terrena, ma anche l’inizio di una nuova esistenza nell’aldilà; di giudizio cioè il momento in cui Dio giudica le azioni dell’uomo e stabilisce il suo destino eterno; di libertà dell’anima dal corpo che permette di raggiungere la vera dimensione spirituale.

Dante affronta il tema della morte anche in altre opere oltre alla Divina Commedia, seppur con sfumature diverse, ma che potremmo trovare familiari.

Ne la Vita Nuova la morte prematura della sua amata Beatrice rappresenta un evento centrale nel racconto e Dante descrive il suo dolore e il suo processo di elaborazione del lutto, intrecciando elementi autobiografici con riflessioni filosofiche e teologiche sulla morte. La figura di Beatrice idealizzata e spiritualizzata assume un ruolo fondamentale nel percorso di Dante verso la salvezza eterna. La sua morte diviene l’occasione per riflettere sul senso della vita e sulla possibilità di ricongiungersi con l’amata nell’aldilà.

Nel Convivio, Dante affronta il tema della morte in modo più razionale e filosofico. La morte è vista come un passaggio obbligato e naturale nell’esistenza umana, necessario per raggiungere la perfezione e la beatitudine eterna. Dante sostiene l’immortalità dell’anima, che sopravvive al corpo e continua ad esistere dopo la morte. La vera felicità non si trova nella vita terrena, ma nella vita ultraterrena, dove l’anima si libera dalle limitazioni del corpo e si unisce a Dio.

Nella sua opera politica, De Monarchia, Dante riconduce la morte alla disgregazione dell’ordine universale causata dal peccato originale. Un imperatore universale, giusto e saggio, potrebbe ristabilire l’ordine e la pace nel mondo, ritardando la morte e avvicinando l’uomo alla felicità eterna.

Il pensiero di Dante sulla morte è complesso, sfaccettato ma ancora molto contemporaneo. Riflette la sua profonda fede cristiana, la sua visione del mondo medievale e la sua esperienza personale di esilio e dolore. La morte è per lui un evento terribile, ma anche un’occasione di purificazione e di redenzione.

L’influenza del pensiero di Dante sulla cultura occidentale è stata profonda. La sua rappresentazione dell’Inferno, del Purgatorio e del Paradiso ha ispirato artisti, scrittori e pensatori per secoli. La Commedia rimane un’opera monumentale che continua a interrogare l’uomo sul senso della vita e della morte. Oltre alle opere citate, Dante fa riferimento alla morte anche in altri scritti minori, come le Rime e le Egloghe. In queste opere, la morte è spesso associata al dolore, alla perdita e alla caducità della vita terrena. Tuttavia, Dante non cede mai alla disperazione e offre sempre una prospettiva di speranza, basata sulla fede e sulla possibilità di una vita ultraterrena.

Luoghi aconfessionali: spazi di riflessione universale

Nella società contemporanea, caratterizzata da un crescente pluralismo culturale e religioso, emerge sempre più la necessità di creare spazi che rispondano alle esigenze di tutti, indipendentemente dalle loro convinzioni personali o dal loro credo. I luoghi aconfessionali vogliono rappresentare proprio questo: spazi neutri, dove le persone possono riflettere, commemorare e celebrare eventi, sia allegri che tristi o di intima riflessione, senza riferimenti a specifiche tradizioni religiose.

La prima domanda che ci facciamo, quando pensiamo a questi luoghi, sicuramente riguarda la loro funzione, il loro concetto. I luoghi aconfessionali sono pensati per essere inclusivi, offrendo un ambiente accogliente a chiunque, a prescindere dal proprio background culturale o religioso. Questi spazi sono particolarmente rilevanti in contesti come ospedali, università, aeroporti e cimiteri, dove la diversità della popolazione richiede un approccio più universale alla spiritualità e al culto, ma possono anche essere costruiti, e lasciati ai posteri, come luoghi di riflessione verso un argomento profondo, ma comune in tutte le culture, come la morte.

La seconda domanda che probabilmente vi state ponendo riguarda il dove possiamo trovare questi luoghi e, soprattutto, se ne conosciamo qualcuno. La risposta è sì, anche se, nonostante l’importanza di questi spazi, la legislazione italiana non abbia ancora pienamente colto le necessità espresse dalla popolazione riguardo alla creazione di luoghi aconfessionali. Tuttavia, dal 2004, la normativa vigente, sia statale che regionale, ha iniziato a recepire l’esigenza di realizzare luoghi preposti ad ospitare il defunto, implementando il plesso delle attività necroscopiche e funebri. In Italia, alcuni esempi di luoghi aconfessionali includono sale del commiato e case funerarie, dotate dei requisiti stabiliti dalla legge e adatte per qualunque esigenza del defunto, indipendentemente dalla fede religiosa. 

Il futuro sarà sempre più inclusivo. Infatti la crescente domanda di luoghi aconfessionali riflette un cambiamento negli usi e nei costumi locali, sottolineando l’importanza di spazi che possano accogliere la diversità in un momento tanto delicato come quello del trapasso. È auspicabile che il legislatore possa presto fornire risposte concrete a questa esigenza, promuovendo la realizzazione di ulteriori spazi aconfessionali che rispettino la dignità e le convinzioni di ogni individuo.

Ma non dobbiamo incorrere nell’errore di considerare questi luoghi come dedicati meramente al commiato. Infatti abbiamo degli esempi di posti costruiti per dare a chiunque un posto equidistante da ogni sensibilità, per poter pensare, ragionare e lasciarsi ispirare. Il luogo sicuramente più iconico al mondo, e che incarna la neutralità più totale è sicuramente la Rothko Chapel. 

Situata a Houston, in Texas, la Rothko Chapel è un’opera d’arte a sé stante, oltre che un luogo di culto aconfessionale. Progettata da Philip Johnson, Howard Barnstone ed Eugene Aubry su commissione di John e Dominique de Menil, la cappella fu inaugurata nel 1971, un anno dopo la morte di Mark Rothko, il cui genio creativo permea ogni aspetto di questo spazio suggestivo.

L’elemento centrale della Cappella sono i 14 dipinti di grandi dimensioni realizzati da Rothko tra il 1964 e il 1970, caratterizzati da sfumature profonde di nero e rettangoli di colore vibrante, che avvolgono i visitatori in un’atmosfera meditativa e invitano alla contemplazione. La luce naturale, che filtra attraverso le aperture del tetto, gioca un ruolo fondamentale nell’esaltare le sfumature dei dipinti e creare un’atmosfera di quiete e raccoglimento. La  Rothko Chapel è un luogo aperto a persone di tutte le fedi e culture, visto la voluta assenza di simboli religiosi specifici, e favorisce un’esperienza spirituale personale e profonda, che può assumere diverse forme a seconda delle inclinazioni individuali. La cappella è un rifugio dal caos del mondo esterno, un luogo dove ritrovare pace interiore e connessione con qualcosa di più grande.

Noi delle Onoranze funebri Emidio e Alfredo de Florentiis siamo sempre consapevoli del bisogno di luoghi sempre più neutri per poter onorare il nostro caro nella miglior maniera possibile, e nel rispetto di ogni fede religiosa, o meno, e vediamo che questi stanno iniziando a nascere, magari solo per iniziativa privata, ma è già un passo avanti. Il futuro sempre più cosmopolita e pluralista della nostra società impone di ragionare verso la creazione di luoghi sempre più neutri dove corpo, spirito e ricordo possano convivere in un ambiente neutro, libero e inclusivo.

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