11 domande (e risposte) sulla morte

La perdita di una persona cara, lo abbiamo visto diverse volte, è un’esperienza universale che lascia un vuoto incolmabile. Il dolore, la confusione e le domande che ne derivano sono spesso travolgenti. Abbiamo già affrontato questo tipo di argomento in un precedente articolo, ma  in questo esploreremo alcune delle domande più personali e intime, e le relative risposte, che ci poniamo di fronte alla morte di una persona amata, cercando di offrire una comprensione più profonda delle emozioni e dei processi coinvolti nel lutto. in particolare vogliamo offrirti un estratto di un articolo pubblicato su la mente è meravigliosa dove l’autore cerca di dare una risposta a queste domande, apparentemente banali ma che in quel momento possono darci un grande disagio. 

  • Dimenticherò la sua voce, la sua risata, il suo viso? No, questo non succederà mai, rimarranno sempre nei nostri ricordi, anche se diventeranno meno nitidi col tempo.
  • Sto impazzendo? Riuscirò a sopportarlo? È normale sentirsi così all’inizio. È una reazione comune al dolore, e si sopravvive, ma bisogna darsi il tempo di metabolizzare la perdita.
  • Quanto durerà tutto questo? Il tempo varia da persona a persona, ma il primo anno, soprattutto quando si avvicinano le feste e le ricorrenze, è solitamente il più difficile.
  • Tornerò ad essere come prima? No, dobbiamo essere realisti, ogni perdita ci cambia, ma possiamo crescere e trovare nuovi equilibri.
  • Perché è successo a me? Perché mi ha lasciato? Perché adesso? Sono domande naturali, ma non sempre hanno risposte. Cercare di dare un senso può aiutare, ma non dobbiamo cercarlo a ogni costo. 
  • Sono malato/a? No, non si è malati, è una reazione emotiva normale, che a volte colpisce anche il fisico, ma non dobbiamo preoccuparci, passerà appena riusciremo a rilassarci. 
  • Ho bisogno di aiuto psicologico? Dipende da persona a persona. Se il dolore è troppo forte, sicuramente un professionista può aiutare.
  • Che ne faccio delle sue cose? Non c’è una risposta giusta. Ognuno decide in base alle proprie emozioni o cercando di rispettare le scelte che il nostro caro avrebbe fatto in vita.
  • Il tempo guarisce tutto? No, purtroppo il tempo non guarisce, soprattutto se è un lutto al quale non eravamo preparati, ma ci dà una nuova prospettiva e attenua il dolore.
  • Quando finisce il lutto? Quando torniamo a vivere e a investire nelle nostre relazioni, quando metabolizziamo, quando il pensiero non ci crea tristezza e quando riusciamo a raccontare il ricordo positivo che ci ha lasciato il nostro caro.
  • Che ne faccio di tutto ciò che sto provando? Esplorare le emozioni attraverso la scrittura, la musica o altre attività può aiutare. Questo periodo di forti sensazioni può essere trasformato in qualcosa di positivo.

In sintesi, il lutto è un processo individuale e complesso. È normale provare una gamma di emozioni intense e porsi molte domande. Non esiste una soluzione unica, ma è importante concedersi il tempo di elaborare il dolore e cercare il supporto necessario. Anche se alcuni di questi quesiti ci sembrano banali e poco intelligenti, non dobbiamo mai scordarci che durante questo periodo siamo estremamente fragili, la vita cambia in pochi minuti, ciò che succede nei giorni successivi al lutto ci travolge ed è solo dopo alcuni giorni, quando finalmente possiamo fermarci, che le domande ci piombano pesanti sulle spalle. L’essere consapevoli che non esiste nulla di sbagliato, e che questa è una normale reazione degli esseri umani alla morte, sicuramente sarà un piccolo appiglio per iniziare a elaborare il lutto.

Il lutto è un percorso individuale e non esiste una risposta unica a tutte le domande che sorgono in quel momento. È importante ricordare che è normale provare una vasta gamma di emozioni e che il tempo è un alleato prezioso nella guarigione. L’accettazione della perdita, seppur dolorosa, è il primo passo verso la ripresa. Ricercare il supporto di amici, familiari o di un professionista può essere di grande aiuto durante questo difficile momento. Noi, delle onoranze funebri Emidio e Alfredo de Florentiis, per via del nostro lavoro, viviamo con voi attimi di questo dolore, sollevandovi, grazie alla nostra preparazione e professionalità, da tutte quelle incombenze burocratiche e organizzative che aggiungerebbero fastidio al  dolore già intenso. Il nostro aiuto vi permetterà di onorare e celebrare la vita del vostro caro che ci ha lasciato, nel rispetto delle sue volontà e dei desideri. 

Tragedia sulla strada: le regole per i trasporti funebri

Gli incidenti stradali, purtroppo, sono un triste evento della nostra quotidianità, che per via dell’aumento del traffico dovuto agli esodi estivi, si verificano più frequentemente in questo periodo. Quando, purtroppo, c’è bisogno di coinvolgere i  trasporti funebri, il dolore si fa ancora più profondo, richiedendo una gestione particolarmente delicata, celere e rispettosa. Ma quali sono le norme che regolano queste situazioni?

La delicatezza del momento e le regole da seguire

Gli incidenti mortali che coinvolgono cortei funebri rappresentano un momento di grande dolore per le famiglie colpite. È fondamentale che le autorità competenti e gli operatori del settore agiscano con la massima sensibilità e professionalità, garantendo il rispetto dei defunti e dei loro cari.

Non esiste una normativa specifica a livello nazionale che disciplini in modo esaustivo la gestione di incidenti mortali che coinvolgono trasporti funebri. Tuttavia, diverse disposizioni legislative e regolamentari, a livello sia nazionale che regionale, forniscono indicazioni utili per affrontare queste situazioni.

Le normative che regolano il trasporto funebre, in particolare in casi eccezionali come gli incidenti, sono, come appena detto, un insieme complesso di leggi e regolamenti che possono variare leggermente da regione a regione. Tuttavia, esistono alcuni principi fondamentali e riferimenti normativi generali che è utile conoscere.

  • DPR 285/1990: questo decreto, noto come “Regolamento di polizia mortuaria”, è uno dei principali riferimenti normativi in materia di servizi funebri. Al suo interno sono disciplinate le modalità di trasporto delle salme, le autorizzazioni necessarie e le procedure da seguire.
  • Leggi regionali: ogni regione può emanare leggi e regolamenti specifici in materia di servizi funebri, che possono integrare o specificare ulteriormente le disposizioni del DPR 285/1990.
  • Norme comunali: anche i comuni possono adottare regolamenti locali per disciplinare aspetti specifici del servizio funebre, come ad esempio le modalità di trasporto all’interno del territorio comunale.

Altre accortezze da adottare

In caso di incidente, è fondamentale che i soccorsi intervengano tempestivamente sul luogo dell’evento. I vigili del fuoco, le forze dell’ordine e il personale sanitario devono operare in coordinamento per garantire la sicurezza di tutti i presenti e per effettuare i rilievi necessari. La salma deve essere sempre trattata con il massimo rispetto. È necessario adottare tutte le misure necessarie per preservare la dignità e la perfetta conservazione in caso venga predisposta l’autopsia e per evitare ulteriori traumi.

La parte più brutta e delicata è sicuramente la comunicazione dell’avvenuto alle famiglie che devono essere informate tempestivamente dell’accaduto e accompagnate in questo difficile momento. È importante che vengano tenute aggiornate sugli sviluppi della situazione e che venga loro fornita assistenza psicologica, se necessario. Inoltre la scena dell’incidente deve essere gestita con la massima discrezione, evitando di creare situazioni di allarme o di turbamento per i passanti.

Cosa fanno le Onoranze funebri?

In tutto questo troviamo anche le agenzie di onoranze funebri, che svolgono un ruolo fondamentale nella gestione delle salme e nell’organizzazione delle esequie. È importante che queste collaborino strettamente con le autorità competenti per garantire il rispetto delle volontà delle famiglie. La gestione di incidenti mortali che coinvolgono trasporti funebri presenta diverse sfide, tra le quali l’impatto emotivo da gestire e la complessità delle procedure che in taluni casi possono essere complesse e richiedere un coordinamento tra diverse figure professionali. 

Naturalmente la mancanza di una normativa specifica e nazionale univoca può rendere difficile la gestione di questi eventi.

In questi casi perciò è fondamentale affidarsi a un’agenzia funebre che sia in possesso di tutte le autorizzazioni necessarie e che operi nel rispetto delle normative vigenti. In questo modo saremo sicuri che tutte le procedure siano svolte correttamente e non ci saranno problemi postumi. Ci sentiamo di lasciare un appunto: prima di affidare l’organizzazione del funerale a un’agenzia funebre, è utile sempre informarsi sulle procedure da seguire e sui costi da sostenere, e in caso di dubbi o perplessità, non esitare mai a chiedere chiarimenti all’agenzia funebre o alle autorità competenti.

Gli incidenti mortali che coinvolgono trasporti funebri rappresentano una tragedia che lascia un segno profondo nelle persone coinvolte. È fondamentale che le autorità competenti e gli operatori del settore agiscano con la massima professionalità e sensibilità, garantendo il rispetto dei defunti e delle loro famiglie. Purtroppo gli impresari funebri come noi delle Onoranze funebri Emidio e Alfredo De Florentiis, dobbiamo affrontare anche queste spiacevoli situazioni che aggiungono dolore al dolore. Per questo siamo sempre preparati, formati e aggiornati costantemente, in modo da offrire il servizio più veloce e discreto possibile, magari liberando un poco di questo peso le persone che rimangono. 

Sarco: la capsula del suicidio assistito scatena il dibattito

Il dibattito sul suicidio assistito è sempre polarizzante e denso di argomenti che spaziano dall’etica al diritto, ed è sempre complicato trattare qualunque sfumatura collaterale che riguardi questo tema. Noi vogliamo comunque provarci, cercando di illustrare un’idea, che al momento non può esistere in realtà, ma che ci fa ragionare su come questo dibattito possa svilupparsi e fondersi con la tecnologia. Infatti il problema più complesso da affrontare per quanto riguarda il suicidio assisitito, è sicuramente quello di chi deve procedere materialmente a accompagnare la persona che decide per questa pratica. Una soluzione a questo problema cerca di offrirlo il progetto Sarco, tanto innovativo quanto chiacchierato. 

Una nuova frontiera nel fine vita o un pericoloso scivolamento verso la banalizzazione della morte?

La capsula Sarco, ideata dall’inventore australiano Philip Nitschke e sviluppata in Svizzera, ha scatenato un acceso dibattito sul diritto all’autodeterminazione in materia di fine vita e sul ruolo della tecnologia nella morte. Infatti, se da una parte sembra una rivoluzione verso l’autodeterminazione di questo diritto, dall’altra alcuni osservatori più critici parlano di banalizzazione di questo passaggio così importante e segnante della vita di tutti noi. Ma andiamo con ordine e vediamo bene di capire di cosa stiamo parlando.

Come funziona Sarco:

Come suggerisce la parola, Sarco sta per sarcofago, ed è una capsula progettata per agevolare il suicidio assistito. Questa funziona facendo sdraiare la persona all’interno, per poi attivare il processo premendo un pulsante. A questo punto il gas di azoto inizia a fluire all’interno della capsula, abbassando la concentrazione di ossigeno e inducendo l’addormentamento in pochi minuti, la morte sopraggiunge per ipossia, senza dolore o panico. Un processo semplice ma che ha sollevato diverse questioni etiche, tra cui il rischio di abusi e la banalizzazione della morte.

Aspetti legali ed etici:

Sarco, sebbene esistente, non è ancora legalmente autorizzata in nessun Paese e il dibattito su un suo eventuale utilizzo è tuttora in corso. I sostenitori del progetto vedono in Sarco uno strumento per una morte dignitosa e autonoma, mentre gli oppositori temono che possa facilitare il suicidio impulsivo e depenalizzare l’eutanasia.

Le opinioni su questo metodo, come abbiamo accennato sopra, sono molto diverse e polarizzate. Alcuni la vedono come un’innovazione progressista che garantisce il diritto di ogni individuo a scegliere come e quando morire, mentre altri la considerano un macabro strumento che rischia di banalizzare la morte e di aumentare i casi di suicidio, anche per casi che possono essere affrontati con altri metodi di sostegno.

Il futuro di Sarco

Al momento, Sarco è in fase di sperimentazione in Svizzera, e l’associazione Exit International prevede di renderla disponibile per i propri membri nel 2025.

È importante valutare i potenziali benefici e rischi di Sarco con attenzione e responsabilità, considerando le implicazioni etiche, legali e sociali di questa nuova tecnologia. Infatti il problema più grande per le eutanasie, è il rendere autonomo il procedimento, in modo che chi decide di ricorrere a questa pratica possa schiacciare il bottone senza alcun ausilio esterno. La scelta di porre fine alla propria vita è una decisione estremamente complessa e personale, che deve essere presa con consapevolezza e senza pressioni, e essere comunque l’estrema ratio, e non la normalità.

Noi delle Onoranze funebri Emidio e Alfredo de Florentiis siamo sempre informati su ciò che accade nel nostro mondo, che non comporta solo le Onoranze funebri in senso stretto, ma qualunque argomento che riguardi la morte. Anche il dibattito sul fine vita riguarda la morte, ed è un argomento che dovrà essere analizzato e normato nei prossimi anni togliendo spazio a interpretazioni e ambiguità di qualunque origine. Non possiamo schierarci, e non lo faremo mai, il nostro ruolo nella società è onorare i defunti, rendere più agevole quel momento alle famiglie e a chi resta, e accompagnare nel suo ultimo viaggio il nostro caro, nel totale rispetto delle sue volontà, senza giudizio per le sue scelte in vita.

Viaggio verso l’ultima destinazione: il trasporto funebre internazionale

A tutti è capitato di vedere o semplicemente sentire di qualche persona che ha abbandonato questa vita, mentre si trovava all’estero. Naturalmente, e come è giusto che sia, non ci facciamo mai grandi domande tecniche, ma comunque è un tema importante che può verificarsi. Oggi affrontiamo una problematica delicata e spesso trascurata: il trasporto funebre internazionale, un argomento complesso che richiede attenzione, pianificazione e la massima professionalità.

Cosa fare quando un caro viene a mancare all’estero?

La perdita di una persona cara è un evento doloroso che sconvolge la vita di chi rimane. Se questo evento luttuoso avviene all’estero, il dolore si amplifica a causa delle difficoltà burocratiche e organizzative legate al rimpatrio della salma.

Infatti ci potremmo trovare di fronte a un labirinto legale difficile da capire e districare. I documenti e le normative non mancano naturalmente, ma bisogna prestare estrema attenzione a produrli, in modo che non ci siano problemi una volta rientrati in patria.  

Per far fronte a questa situazione delicata, è fondamentale affidarsi a un’impresa funebre specializzata nel trasporto internazionale. Questi professionisti saranno in grado di guidarvi attraverso il labirinto di documenti e normative necessari, sia in Italia che nel paese di destinazione.

I documenti che bisogna produrre per non avere nessuna sorpresa all’arrivo in patria del nostro caro sono diversi e sono indispensabili per poter trasportare la salma. Vediamoli nel dettaglio:

  • certificato di morte: rilasciato dal comune di decesso.
  • passaporto o carta d’identità del defunto: valido e in buono stato.
  • autorizzazione al trasporto funebre internazionale: rilasciata dall’autorità sanitaria locale del comune di decesso.
  • dichiarazione di imbalsamazione: se il defunto è stato imbalsamato.
  • certificato di non contagiosità: rilasciato da un medico necroscopo, se il decesso è avvenuto per malattia infettiva.
  • visto d’ingresso: se il trasporto avviene verso un paese che richiede il visto.

Oltreconfine, tra leggi e regolamenti

Oltre ai documenti necessari, è fondamentale conoscere le leggi che regolano il trasporto funebre internazionale. In Italia questa fattispecie è normata dalla convenzione di Berlino, essendo l’Italia un paese aderente dal 2018, che fu sottoscritta nel 1937 nella capitale tedesca, e individua alcune disposizioni come il Passaporto Mortuario, rilasciato dall’autorità competente del luogo di decesso o esumazione, come deve essere imballata la salma e con quali mezzi può essere trasportata. Naturalmente questo vale solo nei Paesi aderenti a questa convenzione.

Le normative per il trasporto funebre internazionale, al di fuori di particolari convenzioni come visto appena sopra, variano notevolmente da Paese a Paese. Per questo motivo, in caso si verifichino questi episodi, è fondamentale contattare immediatamente l’ambasciata o il consolato del Paese di destinazione per ottenere informazioni precise e aggiornate, e in molti casi essere seguiti durante le procedure. Infatti le controversie e criticità sono sempre presenti, soprattutto in questi casi.  

Il trasporto funebre internazionale può essere un processo complesso e costoso, che può generare diverse controversie, come problemi di successione o di rispetto delle volontà del defunto e, in particolare se si proviene da Paesi che non aderiscono alla convenzione di Berlino, potrebbero esserci problemi legali, magari legati allo stabilire le cause del decesso o alle condizioni di trasporto. In ogni caso, 

per affrontare al meglio questa delicata situazione, i nostri consigli sono quelli di affidarsi a un’impresa funebre specializzata nel trasporto internazionale, pianificare il trasporto in anticipo, informarsi sulle normative vigenti nel paese di destinazione e stipulare un’assicurazione per il trasporto funebre.

Il trasporto funebre internazionale è un tema delicato che richiede attenzione, sensibilità e la massima professionalità. Affidandosi a esperti del settore, come le Onoranze funebri Emidio e Alfredo de Florentiis, e seguendo i consigli che ti daremo, è possibile affrontare questo difficile momento con serenità e rispetto per il defunto. E ricordate che non siete soli.

Il pensiero di Dante sulla morte

Il 25 marzo è passato da un po’, ma in questi giorni le cronache ci hanno messo ancora davanti a Dante. Naturalmente non siamo qui per parlare di questi fatti, né a disquisire del perché sia corretto studiare l’autore toscano a scuola, ma questo ci ha dato la possibilità di raccontare ancora una volta, e con un altro punto di vista, il pensiero di Dante sulla morte. infatti, la morte, è un tema centrale nella vita e nell’opera del poeta, che viene rappresentata come un passaggio obbligato per ogni individuo, un momento di giudizio divino e l’inizio di un nuovo viaggio nell’aldilà.

Nell’Inferno, il libro che tutti ricordiamo maggiormente della Divina Commedia, la morte è vista come una punizione per i peccati commessi in vita. I dannati sono condannati a supplizi eterni, proporzionati alla gravità delle loro colpe. Dante descrive con dovizia di particolari le atroci sofferenze dei dannati, creando un’atmosfera di terrore e disperazione, ma anche di avvertimento, come a dire che è la condotta terrena e il nostro libero arbitrio a condizionare il nostro posto nell’aldilà. Nel Purgatorio, la morte assume un significato diverso. Qui le anime si purificano dai loro peccati attraverso pene temporanee, in attesa di accedere al Paradiso. La morte è vista come un processo di purificazione necessario per raggiungere la beatitudine eterna. Nel Paradiso, la morte non esiste più. Le anime beate godono di una felicità perfetta e perenne, in contemplazione della luce divina. La morte è stata sconfitta e l’uomo ha raggiunto la sua piena realizzazione.

Oltre a queste tre visioni principali, la morte è presente in tutta la Commedia come simbolo di: trasformazione che rappresenta la fine della vita terrena, ma anche l’inizio di una nuova esistenza nell’aldilà; di giudizio cioè il momento in cui Dio giudica le azioni dell’uomo e stabilisce il suo destino eterno; di libertà dell’anima dal corpo che permette di raggiungere la vera dimensione spirituale.

Dante affronta il tema della morte anche in altre opere oltre alla Divina Commedia, seppur con sfumature diverse, ma che potremmo trovare familiari.

Ne la Vita Nuova la morte prematura della sua amata Beatrice rappresenta un evento centrale nel racconto e Dante descrive il suo dolore e il suo processo di elaborazione del lutto, intrecciando elementi autobiografici con riflessioni filosofiche e teologiche sulla morte. La figura di Beatrice idealizzata e spiritualizzata assume un ruolo fondamentale nel percorso di Dante verso la salvezza eterna. La sua morte diviene l’occasione per riflettere sul senso della vita e sulla possibilità di ricongiungersi con l’amata nell’aldilà.

Nel Convivio, Dante affronta il tema della morte in modo più razionale e filosofico. La morte è vista come un passaggio obbligato e naturale nell’esistenza umana, necessario per raggiungere la perfezione e la beatitudine eterna. Dante sostiene l’immortalità dell’anima, che sopravvive al corpo e continua ad esistere dopo la morte. La vera felicità non si trova nella vita terrena, ma nella vita ultraterrena, dove l’anima si libera dalle limitazioni del corpo e si unisce a Dio.

Nella sua opera politica, De Monarchia, Dante riconduce la morte alla disgregazione dell’ordine universale causata dal peccato originale. Un imperatore universale, giusto e saggio, potrebbe ristabilire l’ordine e la pace nel mondo, ritardando la morte e avvicinando l’uomo alla felicità eterna.

Il pensiero di Dante sulla morte è complesso, sfaccettato ma ancora molto contemporaneo. Riflette la sua profonda fede cristiana, la sua visione del mondo medievale e la sua esperienza personale di esilio e dolore. La morte è per lui un evento terribile, ma anche un’occasione di purificazione e di redenzione.

L’influenza del pensiero di Dante sulla cultura occidentale è stata profonda. La sua rappresentazione dell’Inferno, del Purgatorio e del Paradiso ha ispirato artisti, scrittori e pensatori per secoli. La Commedia rimane un’opera monumentale che continua a interrogare l’uomo sul senso della vita e della morte. Oltre alle opere citate, Dante fa riferimento alla morte anche in altri scritti minori, come le Rime e le Egloghe. In queste opere, la morte è spesso associata al dolore, alla perdita e alla caducità della vita terrena. Tuttavia, Dante non cede mai alla disperazione e offre sempre una prospettiva di speranza, basata sulla fede e sulla possibilità di una vita ultraterrena.

Luoghi aconfessionali: spazi di riflessione universale

Nella società contemporanea, caratterizzata da un crescente pluralismo culturale e religioso, emerge sempre più la necessità di creare spazi che rispondano alle esigenze di tutti, indipendentemente dalle loro convinzioni personali o dal loro credo. I luoghi aconfessionali vogliono rappresentare proprio questo: spazi neutri, dove le persone possono riflettere, commemorare e celebrare eventi, sia allegri che tristi o di intima riflessione, senza riferimenti a specifiche tradizioni religiose.

La prima domanda che ci facciamo, quando pensiamo a questi luoghi, sicuramente riguarda la loro funzione, il loro concetto. I luoghi aconfessionali sono pensati per essere inclusivi, offrendo un ambiente accogliente a chiunque, a prescindere dal proprio background culturale o religioso. Questi spazi sono particolarmente rilevanti in contesti come ospedali, università, aeroporti e cimiteri, dove la diversità della popolazione richiede un approccio più universale alla spiritualità e al culto, ma possono anche essere costruiti, e lasciati ai posteri, come luoghi di riflessione verso un argomento profondo, ma comune in tutte le culture, come la morte.

La seconda domanda che probabilmente vi state ponendo riguarda il dove possiamo trovare questi luoghi e, soprattutto, se ne conosciamo qualcuno. La risposta è sì, anche se, nonostante l’importanza di questi spazi, la legislazione italiana non abbia ancora pienamente colto le necessità espresse dalla popolazione riguardo alla creazione di luoghi aconfessionali. Tuttavia, dal 2004, la normativa vigente, sia statale che regionale, ha iniziato a recepire l’esigenza di realizzare luoghi preposti ad ospitare il defunto, implementando il plesso delle attività necroscopiche e funebri. In Italia, alcuni esempi di luoghi aconfessionali includono sale del commiato e case funerarie, dotate dei requisiti stabiliti dalla legge e adatte per qualunque esigenza del defunto, indipendentemente dalla fede religiosa. 

Il futuro sarà sempre più inclusivo. Infatti la crescente domanda di luoghi aconfessionali riflette un cambiamento negli usi e nei costumi locali, sottolineando l’importanza di spazi che possano accogliere la diversità in un momento tanto delicato come quello del trapasso. È auspicabile che il legislatore possa presto fornire risposte concrete a questa esigenza, promuovendo la realizzazione di ulteriori spazi aconfessionali che rispettino la dignità e le convinzioni di ogni individuo.

Ma non dobbiamo incorrere nell’errore di considerare questi luoghi come dedicati meramente al commiato. Infatti abbiamo degli esempi di posti costruiti per dare a chiunque un posto equidistante da ogni sensibilità, per poter pensare, ragionare e lasciarsi ispirare. Il luogo sicuramente più iconico al mondo, e che incarna la neutralità più totale è sicuramente la Rothko Chapel. 

Situata a Houston, in Texas, la Rothko Chapel è un’opera d’arte a sé stante, oltre che un luogo di culto aconfessionale. Progettata da Philip Johnson, Howard Barnstone ed Eugene Aubry su commissione di John e Dominique de Menil, la cappella fu inaugurata nel 1971, un anno dopo la morte di Mark Rothko, il cui genio creativo permea ogni aspetto di questo spazio suggestivo.

L’elemento centrale della Cappella sono i 14 dipinti di grandi dimensioni realizzati da Rothko tra il 1964 e il 1970, caratterizzati da sfumature profonde di nero e rettangoli di colore vibrante, che avvolgono i visitatori in un’atmosfera meditativa e invitano alla contemplazione. La luce naturale, che filtra attraverso le aperture del tetto, gioca un ruolo fondamentale nell’esaltare le sfumature dei dipinti e creare un’atmosfera di quiete e raccoglimento. La  Rothko Chapel è un luogo aperto a persone di tutte le fedi e culture, visto la voluta assenza di simboli religiosi specifici, e favorisce un’esperienza spirituale personale e profonda, che può assumere diverse forme a seconda delle inclinazioni individuali. La cappella è un rifugio dal caos del mondo esterno, un luogo dove ritrovare pace interiore e connessione con qualcosa di più grande.

Noi delle Onoranze funebri Emidio e Alfredo de Florentiis siamo sempre consapevoli del bisogno di luoghi sempre più neutri per poter onorare il nostro caro nella miglior maniera possibile, e nel rispetto di ogni fede religiosa, o meno, e vediamo che questi stanno iniziando a nascere, magari solo per iniziativa privata, ma è già un passo avanti. Il futuro sempre più cosmopolita e pluralista della nostra società impone di ragionare verso la creazione di luoghi sempre più neutri dove corpo, spirito e ricordo possano convivere in un ambiente neutro, libero e inclusivo.

Il rock è morto

Il rock, come lo conosciamo, è stato segnato da una serie di addii che hanno lasciato un vuoto incolmabile nel mondo della musica. Da Jimi Hendrix  a Freddie Mercury,  da Kurt Cobain a Amy Winehouse, la lista di icone che hanno lasciato il palco terreno è lunga e dolorosa. Ogni volta che una di queste stelle si spegne, si sente nell’aria un brivido, come se un pezzo di storia venisse strappato via, lasciando dietro di sé solo il ricordo di note indimenticabili.

Lo sappiamo, il rock, come tutta la musica in generale, non muore mai veramente, ma vive nei vinili consumati, nelle chitarre impolverate negli angoli delle stanze, e nelle voci di chi, ancora oggi, ne canta le gesta. È un genere che si rifiuta di rimanere confinato nel passato, perché ogni accordo suonato è un tributo a chi non c’è più. Il rock è un’entità che si rigenera continuamente attraverso nuove band, nuovi fan, e nuove storie che costruiscono la colonna sonora della nostra vita.

Ma cosa significa quando diciamo il rock è morto? Forse, è un’espressione del nostro dolore collettivo, un modo per elaborare la perdita di quegli artisti che hanno dato un’anima a un genere che è più di una semplice successione di note. È la consapevolezza che, nonostante la loro assenza fisica, l’eredità lasciata da queste leggende continua a influenzare generazioni di musicisti e appassionati. E parliamo di rock perché i più grandi addii al mondo terreno, spesso in maniera tragica, sono avvenuti tra cantanti e artisti di questo genere.

Il rock non è morto; si è trasformato. È diventato un mosaico di ricordi, un collage di emozioni che si rinnova ogni volta che qualcuno preme il tasto play. E in questo senso, gli artisti che ci hanno lasciato sono immortali, perché finché ci sarà qualcuno a ricordarli, la loro musica continuerà a vivere.

La perdita di un cantante amato è un evento che scuote profondamente il pubblico. La reazione dei fan può essere vista come un processo collettivo di lutto, che si manifesta in diverse forme. Quando un cantante che ha toccato le nostre vite con la sua musica muore tragicamente, il mondo sembra fermarsi per un attimo. Il pubblico, unito dal dolore, si ritrova a condividere un lutto che va oltre i confini personali, diventando un’esperienza comune. I fan si raccolgono in vigilie, concerti tributo e sui social media, condividendo ricordi, canzoni e storie che testimoniano l’impatto dell’artista sulla loro vita.

Il processo di lutto pubblico si svolge spesso attraverso la musica stessa dell’artista scomparso. Ascoltare le sue canzoni diventa un modo per elaborare la perdita, per sentire ancora vicina la sua presenza. E infatti in questi momenti, come anche nelle date commemorative, le radio e le playlist ci propongono sia i suoni che le parole dell’artista. È come se, attraverso la sua arte, il cantante continuasse a comunicare con il suo pubblico, offrendo conforto anche dopo la sua scomparsa.

Inoltre, il lutto può portare a una rivalutazione dell’eredità dell’artista. La sua musica, le sue parole e il suo stile vengono esaminati con nuova attenzione, spesso portando a una riscoperta e a un apprezzamento più profondo del suo lavoro. Questo può anche tradursi in un rinnovato successo commerciale, con un aumento delle vendite di album e un rinnovato interesse nei suoi contributi al mondo della musica.

La morte di un cantante può anche ispirare nuove creazioni artistiche. Altri musicisti possono scrivere canzoni in suo onore, o reinterpretare le sue opere, come un modo per elaborare il proprio lutto e per mantenere viva la sua memoria. Queste opere diventano parte del processo di guarigione collettiva, aiutando il pubblico a trovare un senso di chiusura e a celebrare la vita dell’artista.

Ed è in questa chiave che noi delle Onoranze funebri Emidio e Alfredo De Florentiis vogliamo ricordarvi che, come per i grandi artisti che scompaiono, anche gli insegnamenti, i ricordi, gli oggetti dei nostri cari che sono passati a un altra vita, possono essere un tabernacolo di ricordi e una grandissima fonte di ispirazione. Non importa chi sei stato, cosa hai fatto o quanto successo hai avuto nella vita, l’ispirazione arriva dalle piccole cose, dai gesti personali e, come nel caso delle canzoni, anche da una sola frase che ci ricorda il nostro amato. 

Nuove frontiere. La cremazione criogenica

La sepoltura in ghiaccio, o sepoltura glaciale, è un metodo di conservazione dei corpi che si basa sull’esposizione dei defunti al freddo intenso, spesso in ambienti naturali come le regioni polari o le montagne innevate. Questo processo può avvenire naturalmente o essere intenzionale, come nel caso dei ritrovamenti di corpi antichi conservati nel ghiaccio. La bassa temperatura impedisce la decomposizione del corpo, consentendo la sua conservazione per lunghi periodi di tempo. Questo fenomeno è stato sfruttato per studiare la vita e le condizioni ambientali del passato attraverso l’analisi dei resti conservati nel ghiaccio.

Ma il ghiaccio rappresenta anche una nuova frontiera per la gestione dei corpi dei defunti. Abbiamo conosciuto bene la cremazione, abbiamo visto come questo metodo è sempre più usato e richiesto e abbiamo visto anche che può essere una soluzione al problema degli spazi sempre più ristretti nei cimiteri. Ma, al fianco della cremazione tradizionale, si sta iniziando a parlare anche di una nuova tecnica, non più col fuoco ma col ghiaccio. 

La cremazione criogenica, infatti, rappresenta un’alternativa innovativa e ecologica alla cremazione tradizionale. Questo processo, noto anche come crio-cremazione, utilizza l’azoto liquido per congelare il corpo a -196 gradi Celsius, rendendolo estremamente fragile. Successivamente, attraverso una serie di passaggi di aria, i resti vengono liofilizzati, rimuovendo l’umidità e lasciando una polvere fine e sterile.

La cremazione criogenica è un metodo che si distingue per la sua bassa impronta ecologica. A differenza della cremazione tradizionale, che può rilasciare sostanze nocive come mercurio e diossine nell’atmosfera, la crio-cremazione ha emissioni zero, non producendo né CO2 né altri gas tossici.

Come abbiamo accennato sopra, il processo inizia con il congelamento del corpo con azoto liquido. Una volta che il corpo è diventato sufficientemente fragile, viene sottoposto a vibrazioni meccaniche che lo riducono in piccoli frammenti. Questi frammenti vengono poi essiccati e liofilizzati, rimuovendo tutta l’umidità e lasciando solo la polvere fine, simile alla cenere della cremazione tradizionale, perciò facilmente conservabile in urne o facilmente disperdibile.

Uno dei principali vantaggi della cremazione criogenica è il suo impatto ambientale ridotto. Non solo evita le emissioni nocive, ma, dipende dalla scelta, consente anche di restituire al suolo una sostanza organica che può essere utilizzata come fertilizzante, contribuendo al ciclo naturale della vita, un aspetto simbolico molto forte. Infatti i resti si possono sotterrare vicino a un albero o a un arbusto, che può ricordare il nostro caro negli anni a venire.

Nonostante i suoi vantaggi, la cremazione criogenica è ancora una pratica poco diffusa e può incontrare ostacoli tecnici, culturali e legali. In molti paesi, le leggi sulla disposizione dei corpi sono rigide e non contemplano ancora metodi alternativi come la crio-cremazione. Anche in Italia questa pratica non è ancora consentita. Ma il problema maggiore, al momento, è il fatto che il processo attuale non permette di ridurre abbastanza il peso del corpo. Infatti, le tecniche più evolute, riducono il corpo a un 20% del suo peso prima del trattamento, un peso troppo alto se confrontato al 5% lasciato dalla cremazione tradizionale. Per questo la tecnica non ha ancora nessuna possibilità di essere proposta come metodo alternativo, ma non escludiamo che col perfezionamento delle procedure e con un protocollo corretto, questa tecnica potrebbe affiancare i metodi tradizionali.

La cremazione criogenica offre una soluzione promettente per coloro che cercano un’alternativa ecologica alla cremazione tradizionale. Con il crescente interesse per la sostenibilità e il rispetto dell’ambiente, è possibile che questa tecnica guadagni popolarità e diventi una pratica comune nel futuro, fatto salvo sempre la risoluzione dei problemi tecnici e di gestione di un eventuale centro. Naturalmente le resistenze culturali saranno centrali nel accettare questa, o altre, tecniche. Noi delle onoranze funebri Emidio e Alfredo De Florentiis, qualunque sia la tecnica a disposizione, saremo sempre dalla parte del cliente nel soddisfare ogni richiesta nella maniera più discreta e puntuale.

L’importanza del pianto ai funerali

Il pianto ai funerali è una pratica antica e universale, che ha radici profonde nella storia dell’umanità. Nelle culture antiche, il pianto era spesso considerato un’espressione essenziale del lutto e del rispetto per il defunto, mentre, in molte altre società, le donne erano tradizionalmente incaricate di piangere ai funerali, non solo come espressione personale di dolore, ma anche come parte di un rituale collettivo di addio.

Il pianto durante i funerali è da sempre associato ad un modo per esprimere il dolore della perdita. Nell’antico Egitto, per esempio, le donne professioniste del pianto, spesso impersonavano le dee Isis e Nephthys, piangendo e lamentandosi per mostrare il loro dolore e invocare protezione per l’anima del defunto. Questa pratica era vista come un tributo essenziale e un rito di passaggio per l’anima che lasciava il mondo dei vivi.

Nella storia, il ruolo delle donne nei funerali era perciò spesso quello di piangere per il defunto, a volte anche quando non avevano legami diretti con la persona scomparsa. In alcune culture, come quella dell’antica Grecia e di parti dell’India, esistevano addirittura donne che venivano assunte per piangere ai funerali, conosciute come rudaali in India, o nelle nostre culture prefiche.  Queste donne avevano il compito di esprimere il lutto in modo visibile e udibile, contribuendo all’atmosfera di rispetto e onore per il defunto.

Anche se la pratica del pianto professionale è molto meno comune oggi, il pianto rimane un elemento fondamentale dei funerali in molte culture. È un modo per i partecipanti di condividere il loro dolore, di supportarsi a vicenda e di iniziare il processo di guarigione dal lutto. Dal punto di vista psicologico è considerato un aspetto importante del processo di elaborazione del lutto. È un modo per le persone di esprimere apertamente i propri sentimenti e emozioni, che può essere terapeutico e aiutare nel processo di guarigione. I funerali, in particolare, sono visti più come eventi per i vivi che per i defunti, incoraggiando i partecipanti a piangere e a esprimere il loro dolore liberamente senza paura di giudizi o critiche. 

Infatti, la psicologia moderna, riconosce che il lutto è un’esperienza individuale e che non esiste un modo “giusto” o “sbagliato” di affrontarlo. Alcune persone possono piangere apertamente, mentre altre possono non piangere affatto, il che non riflette necessariamente la profondità del loro rapporto con il defunto o la mancanza di dolore. Inoltre la ricerca suggerisce che il cervello in lutto non mostra differenze significative in termini di razza, età o religione, indicando che il dolore è un’emozione universale, anche se espressa in modi diversi a seconda del contesto culturale e sociale di appartenenza. 

In conclusione, il pianto ai funerali è una pratica che ha attraversato secoli e culture, mantenendo la sua importanza come espressione di lutto e come rituale collettivo di addio. Le donne, in particolare, hanno avuto un ruolo centrale in questa tradizione, sia come parenti in lutto che come professioniste del pianto, riflettendo le norme sociali e le aspettative di genere della loro epoca. La società contemporanea riconosce nel pianto una fase importante dell’elaborazione del lutto, che deve essere sempre rispettata e accompagnata da tutto ciò che può aiutare a superare questo momento della vita.

Il valore della scrittura. La lettera ai defunti

Il lutto per le persone scomparse è un dolore senza nome, un abisso di emozioni che sfugge alle parole. Quando qualcosa o qualcuno ci manca improvvisamente, possiamo percepire un immenso vuoto. La morte è una vita vissuta, e la vita è una morte che sta arrivando, disse Jorge Luis Borges.

In questa situazione, l’elaborazione del lutto diventa particolarmente complessa. La scomparsa improvvisa di qualcuno che amiamo lascia un’incertezza profonda e, nei primi momenti, non percepiamo veramente la sua dipartita. Questo dolore in sospeso, come una pausa che mettiamo ogni volta che recuperiamo la speranza di ritrovarla, oscilla tra l’intensità e la leggerezza, provocando sentimenti contrastanti.

In un mondo sempre più digitalizzato, dove i social ormai sono diventati il nostro album dei ricordi e il diario dei nostri pensieri, l’atto di scrivere una lettera può sembrare antiquato o superfluo. Tuttavia, quando si tratta di esprimere i nostri sentimenti più profondi, specialmente verso coloro che non sono più con noi, scrivere una lettera può avere un valore inestimabile, sia in termini di espressione, sia nella vera libertà di pensiero, sia per quanto riguarda il processo di elaborazione del lutto. La parte romantica dell’inchiostro che scorre sulla carta, la nostra attenzione a non commettere errori e all’ortografia, renderà unico e estremamente personale questo processo.

Scrivere una lettera a un caro che non c’è più è solo un altro modo per continuare a mantenere viva la connessione con quella persona. È un ponte simbolico che collega il mondo dei vivi con quello dei ricordi che il nostro caro scomparso ci ha lasciato in vita. Questo atto ci permette di esprimere i nostri sentimenti, i nostri rimpianti, le nostre speranze e i nostri sogni in un modo che poche altre forme di comunicazione possono eguagliare.

Il processo di mettere su carta i nostri pensieri e sentimenti può avere, come già visto, un effetto terapeutico. Infatti, il gesto intimo di scrivere i nostri pensieri liberamente, può aiutarci a elaborare il dolore, a trovare una chiusura e ad iniziare il processo di guarigione. È un modo per dire addio, per esprimere il nostro amore eterno e per onorare la memoria del nostro caro e per consegnare la totalità dei nostri pensieri che magari non siamo riusciti a dire.

Una lettera scritta perciò diventa un tributo perenne alla persona amata. Questa può essere conservata, riletta e condivisa, ma anche messa in un posto o addirittura bruciata simbolicamente come ad affidare il nostro pensiero al vento, mantenendo viva la memoria del nostro caro. È un modo tangibile per onorare la loro vita e il loro impatto sul nostro mondo e ci costringe a confrontarci con la realtà della perdita. È un passo verso l’accettazione e la consapevolezza che quella persona non tornerà più.

In conclusione, inviare simbolicamente una lettera a un nostro caro che non c’è più è un atto di amore profondo, un modo per mantenere viva la memoria, per elaborare il nostro dolore e per esprimere i nostri sentimenti più intimi. E’ una parte di un viaggio iniziato con il rendere omaggio, anche attraverso il supporto delle Onoranze funebri Emidio e Alfredo de Florentiis, e proseguito attraverso la parte più intima e personale dell’elaborazione del lutto. In un mondo che cambia rapidamente, dove le nuove tecnologie fanno da padrona, la lettera è un promemoria del potere duraturo della scrittura.

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