Il 25 marzo è passato da un po’, ma in questi giorni le cronache ci hanno messo ancora davanti a Dante. Naturalmente non siamo qui per parlare di questi fatti, né a disquisire del perché sia corretto studiare l’autore toscano a scuola, ma questo ci ha dato la possibilità di raccontare ancora una volta, e con un altro punto di vista, il pensiero di Dante sulla morte. infatti, la morte, è un tema centrale nella vita e nell’opera del poeta, che viene rappresentata come un passaggio obbligato per ogni individuo, un momento di giudizio divino e l’inizio di un nuovo viaggio nell’aldilà.
Nell’Inferno, il libro che tutti ricordiamo maggiormente della Divina Commedia, la morte è vista come una punizione per i peccati commessi in vita. I dannati sono condannati a supplizi eterni, proporzionati alla gravità delle loro colpe. Dante descrive con dovizia di particolari le atroci sofferenze dei dannati, creando un’atmosfera di terrore e disperazione, ma anche di avvertimento, come a dire che è la condotta terrena e il nostro libero arbitrio a condizionare il nostro posto nell’aldilà. Nel Purgatorio, la morte assume un significato diverso. Qui le anime si purificano dai loro peccati attraverso pene temporanee, in attesa di accedere al Paradiso. La morte è vista come un processo di purificazione necessario per raggiungere la beatitudine eterna. Nel Paradiso, la morte non esiste più. Le anime beate godono di una felicità perfetta e perenne, in contemplazione della luce divina. La morte è stata sconfitta e l’uomo ha raggiunto la sua piena realizzazione.
Oltre a queste tre visioni principali, la morte è presente in tutta la Commedia come simbolo di: trasformazione che rappresenta la fine della vita terrena, ma anche l’inizio di una nuova esistenza nell’aldilà; di giudizio cioè il momento in cui Dio giudica le azioni dell’uomo e stabilisce il suo destino eterno; di libertà dell’anima dal corpo che permette di raggiungere la vera dimensione spirituale.
Dante affronta il tema della morte anche in altre opere oltre alla Divina Commedia, seppur con sfumature diverse, ma che potremmo trovare familiari.
Ne la Vita Nuova la morte prematura della sua amata Beatrice rappresenta un evento centrale nel racconto e Dante descrive il suo dolore e il suo processo di elaborazione del lutto, intrecciando elementi autobiografici con riflessioni filosofiche e teologiche sulla morte. La figura di Beatrice idealizzata e spiritualizzata assume un ruolo fondamentale nel percorso di Dante verso la salvezza eterna. La sua morte diviene l’occasione per riflettere sul senso della vita e sulla possibilità di ricongiungersi con l’amata nell’aldilà.
Nel Convivio, Dante affronta il tema della morte in modo più razionale e filosofico. La morte è vista come un passaggio obbligato e naturale nell’esistenza umana, necessario per raggiungere la perfezione e la beatitudine eterna. Dante sostiene l’immortalità dell’anima, che sopravvive al corpo e continua ad esistere dopo la morte. La vera felicità non si trova nella vita terrena, ma nella vita ultraterrena, dove l’anima si libera dalle limitazioni del corpo e si unisce a Dio.
Nella sua opera politica, De Monarchia, Dante riconduce la morte alla disgregazione dell’ordine universale causata dal peccato originale. Un imperatore universale, giusto e saggio, potrebbe ristabilire l’ordine e la pace nel mondo, ritardando la morte e avvicinando l’uomo alla felicità eterna.
Il pensiero di Dante sulla morte è complesso, sfaccettato ma ancora molto contemporaneo. Riflette la sua profonda fede cristiana, la sua visione del mondo medievale e la sua esperienza personale di esilio e dolore. La morte è per lui un evento terribile, ma anche un’occasione di purificazione e di redenzione.
L’influenza del pensiero di Dante sulla cultura occidentale è stata profonda. La sua rappresentazione dell’Inferno, del Purgatorio e del Paradiso ha ispirato artisti, scrittori e pensatori per secoli. La Commedia rimane un’opera monumentale che continua a interrogare l’uomo sul senso della vita e della morte. Oltre alle opere citate, Dante fa riferimento alla morte anche in altri scritti minori, come le Rime e le Egloghe. In queste opere, la morte è spesso associata al dolore, alla perdita e alla caducità della vita terrena. Tuttavia, Dante non cede mai alla disperazione e offre sempre una prospettiva di speranza, basata sulla fede e sulla possibilità di una vita ultraterrena.