Quattro chiacchiere sulla morte: i death caffè

Anche se non c’è niente di sbagliato, parlare di morte non è ancora semplice e, anche se non è più considerato un tabù, potrebbe causare un poco di fastidio in qualche ascoltatore che ritiene l’argomento “sconveniente”.
Per ovviare a questi problemi, Jon Underwood, un consulente di salute mentale britannico, ha pensato di creare dei luoghi dove poter dialogare in libertà di questo argomento così delicato: così nel 2011, riprendendo l’esperienza dei cafés mortels, nacquero i death café.

I death café sono riunioni che offrono uno spazio sicuro dove poter discutere della morte e del morire attraverso conversazioni leggere o più tecniche, davanti, appunto, a un caffè.
Sono un luogo dove persone di tutte le età e di tutti i background possono condividere le proprie esperienze, preoccupazioni e sentimenti sui temi della morte e dello stato eterno. Il fine del death café è di aumentare la consapevolezza e l’accettazione della morte come parte naturale della vita e sostenere tutti nella ricerca della vera pace della mente rispetto al tema.

Gli eventi sono organizzati da diversi volontari, tra cui consulenti di salute mentale, dottori, operatori sanitari e persone con esperienza personale o professionale su questo tema. Le riunioni vengono organizzate in luoghi pubblici  e forniscono occasioni di apprendimento informale su una varietà di argomenti come la pianificazione dei funerali, le tematiche legate all’eutanasia, la religione e la spiritualità, e tutto ciò possa ruotare intorno al tema della morte.

Gli incontri furono un successo e, dall’Inghilterra, questo tipo di incontri si diffusero rapidamente in tutto il mondo. In Italia il primo fu a Verona e la sua organizzatrice, Elisabetta Lucchi lo definisce come:
uno spazio accogliente e protetto dove persone, spesso sconosciute tra loro, si incontrano per parlare della morte, condividendo sentimenti, emozioni, esperienze, una tazza di tè e una fetta di torta. Parlare della morte e del morire non è certo cosa facile, soprattutto se non si intende cadere in grotteschi umorismi o in scaramantici luoghi comuni. Come ben sappiamo, si tratta di un tabù della cultura occidentale. Tuttavia il tema della morte affascina molte persone, in Italia e nel mondo, desiderose di affrontare l’argomento avvicinandosi ad esso senza pregiudizi, con curiosità e con naturalezza. Il successo dei Death Café lo dimostra.”

Da semplici incontri presto i death cafè divennero un vero e proprio format, che prevede alcune regole fondamentali:

  • i Death Café sono sempre gratuiti, non hanno scopi terapeutici o commerciali, è sempre necessaria la presenza di cibo e di bevande, preferibilmente non alcoliche,
  • è fondamentale il facilitatore, ovvero una persona in grado di stimolare la conversazione e di controllare che non vengano infrante le poche regole prestabilite
  • proporre la compilazione di un test di valutazione che ha lo scopo, oltre a quello di esprimere un semplice giudizio di gradimento, di creare una sorta di guida su come condurre al meglio i successivi incontri, su quali siano i temi più frequentemente emersi, quali i toni e quali le novità introdotte dai singoli. I risultati dei test, compilati in forma anonima, vengono condivisi dai facilitatori attraverso un sito internet.

Oltre a questi assunti, per organizzare uno di questi incontri, bisogna contattare l’organizzazione di riferimento che, come si legge sul sito ufficiale www.deathcafe.com, è un social franchise, ovvero una associazione senza scopo di lucro che mette a disposizione il logo e il nome dell’evento in cambio della sottoscrizione dei principi e delle linee guida per la loro realizzazione.

L’obiettivo primario dei death café è dunque quello di parlare della morte per riflettere sulla vita, rompendo così questo tabù. Questo avviene grazie all’incontro di un gruppo aperto di persone, mai troppo affollato, in cui la parità tra i partecipanti fa da padrone, anche se, naturalmente, non tutti sono allo stesso livello di consapevolezza; per questo motivo il compito del facilitatore è quello di stimolare la conversazione e rompere il ghiaccio tra i partecipanti, ma non deve mai indirizzare la discussione verso una fine prestabilita e soprattutto non deve influenzare le conclusioni personali. 

Non si tratta di un gruppo di sostegno dedicato al superamento del lutto e non ha velleità terapeutiche, come non sono luoghi di promozione per i professionisti. Ma, come ripetiamo spesso noi delle Onoranze Funebri Emidio e Alfredo De Florentiis, la condivisione di stati d’animo e di opinioni aiuta la riflessione, la crescita personale e facilita l’elaborazione del lutto.

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