No, non è facile lavorare con una pandemia in corso

Non è facile, non è lo è per nessuno combattere contro un nemico invisibile che si chiama Covid-19 e che ha scatenato una pandemia cioè “una malattia epidemica che, diffondendosi rapidamente tra le persone, si espande in vaste aree geografiche su scala planetaria, coinvolgendo di conseguenza gran parte della popolazione mondiale, nella malattia stessa o nel semplice rischio di contrarla.” (Wikipedia)

Non è facile né per chi è costretto a restare a casa, né per coloro che devono lavorare e vivere costantemente con il rischio di ammalarsi e far ammalare i suoi cari.

Tra queste persone ci siamo anche noi che, come gli altri ci siamo ritrovati a vivere e lavorare in una situazione pesante e difficile.

La morte ai tempi del Coronavirus: “Molti infatti non possono nemmeno salutare per l’ultima volta i loro cari perché il Coronavirus ti lascia solo magari in isolamento, più probabile in ospedale nel reparto di Terapia Intensiva. E’ questo il dolore più grande che ci portiamo dentro in queste ore drammatiche; ma è il nostro lavoro e noi non ci tiriamo indietro, siamo lì, anche di fronte alle difficoltà.”

Già… l’ultimo saluto, il momento più intimo e toccante per parenti e amici e il più delicato per noi, spazzato via, negato, da questo maledetto virus.

Solo noi, la bara e il prete per un ultimo pensiero a chi non ce l’ha fatta a chi si è arreso. No, non è facile lavorare così…

La pandemia ha stravolto i funerali, i suoi riti: “Oggi chi piange, piange in solitudine, distante almeno un metro dagli altri parenti. Il coronavirus ha aggiunto dolore al dolore, ha stravolto le nostre vite e i nostri lutti.”

Vedere le camionette dell’Esercito italiano che trasporta bare da Bergamo ad altre città perché non c’è posto al cimitero, corpi cremati e famiglia in attesa delle ceneri dei loro cari… No, non è facile.

Parenti che da lontano piangono e pregano per i loro cari e sempre più sono le richieste di evitare fiori bensì aumentano le richieste di fare donazioni affinchè il momento di dolore si trasformi in un gesto di solidarietà e speranza.

Speranza e aiuto verso i nuovi eroi: i medici, gli infermieri e tutto il personale ospedaliero che ogni giorno, senza sosta, aiutano le persone aggredite da un virus vigliacco, che a volte può rivelarsi letale.

Purtroppo non sempre l’eroe vince e qualcuno si spegne tra le loro mani.

No, non è facile in un momento così subentrare perché stai lavorando.

Abbiamo scelto sì un lavoro spesso deriso, offeso… del quale faremmo volentieri a meno se il momento non richiedesse la nostra presenza.

Ci esponiamo ai rischi, anche di un contagio, ritenendo che la dignità di una persona debba essere rispettata anche dopo la morte. Per noi i defunti sono persone da onorare e non merce da smaltire, come troppo spesso vediamo fare.

Ma noi non ci tiriamo indietro, siamo lì, anche di fronte alle difficoltà.

No, non è facile ma siamo lì, rispettando le reazioni di ognuno, perché come dice un nostro amico sacerdote: abbiamo scelto una “professione che è caratterizzata per il suo servizio alla sofferenza dell’uomo”.

Non è facile lavorare quando il mondo è alle prese con una pandemia; a volte vorresti solo piangere e non pensare…

Poi accendi la Tv e un grande uomo che è il nostro Papa Francesco, pronuncia queste parole:

“Ci siamo trovati impauriti, siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa, ci siamo resi conto di trovarci tutti sulla stessa barca…tutti fragili e disorientati, ma allo stesso tempo importanti e necessari. Tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca ci siamo tutti, tutti. Non possiamo andare ciascuno per conto suo…ma solo insieme.”

È in quel momento che torna la speranza e si riaccende il motore che ci porta a fare questo lavoro, che ogni giorno ci fa dire: “Sempre al vostro fianco”.

Come la Pandemia ha stravolto i Funerali: ora senza abbracci e senza baci

I sacerdoti indossano la mascherina.

I familiari e gli amici, dove sono finiti?

Sono vietati gli assembramenti ☹

Tutti indossano la mascherina e i pochissimi congiunti sono a distanza di sicurezza. La pandemia ha stravolte le regole del gioco, ha tolto i baci, gli abbracci e le carezze ai familiari Il covid-19 ha stravolto l’ultimo saluto

Eh già!

Che ci crediate o no, i funerali si fanno ogni giorno. Il virus non ha fermato la morte. Ha bloccato tante cose, ma la morte proprio NO

Eppure  in questi giorni,  non si fa altro che parlare dei medici, degli ospedalieri e di tutto il personale paramedico in prima linea

Ecco che “Tv, giornali, Web, hanno fatto i plausi a tutti, camionisti, dipendenti dei supermercati, infermieri, dottori, volontari etc. d’accordissimo con voi e unito a voi… più che mai.

Ma alle agenzie di onoranze funebri ed agli operatori del settore, che da giorni continuano a dare la loro disponibilità e si sono messi al servizio delle famiglie e dei dolenti per organizzare nonostante tutto dei funerali dignitosi ai loro cari deceduti in questo triste periodo?
Hanno dovuto affrontare situazioni pericolose e tutto ‘ora le affrontano con il rischio di essere contagiati anche loro …. ma nessuno li ha ancora citati…

Alle aziende funebri del settore produttivo che stanno facendo turni doppi per sostenere ed affiancare i loro clienti rifornendoli di tutto il necessario per l’espletamento del loro indispensabile lavoro?

A questo punto oggi lo voglio fare io!
Quindi un grande applauso a tutta la categoria, con l’augurio che presto tutto torni alla normalità”.

Così Marco Ghirardotti Presidente Assocofani esprime la sua gratitudine a tutti gli operatori di settore

E noi dove siamo? Anche noi in prima linea, a lavorare senza sosta, con le restrizioni dettate dal Dpcm 11 marzo 2020, il decreto ha cambiato tutto. Al dolore si aggiunge il dolore

Oggi chi piange, piange in solitudine, distante almeno un metro dagli altri parenti. Il coronavirus ha aggiunto dolore al dolore, ha stravolto le nostre vite e i nostri lutti.

Non si celebrano più i funerali.

Non ci sono più le camere ardenti, né le messe, né i commiati.

Una veloce preghiera e una benedizione, a questo si riduce l’ultimo saluto.

Nell’emergenza sanitaria che colpisce il mondo si muore ancora più soli e come si dice “oltre al danno le beffe”

Si consuma tutto in fretta.

Le imprese di onoranze funebri – in tutto questo – che compito hanno?

Quello di consigliare ai parenti dei defunti di non far partecipare alle esequie troppa gente, e tutti rispettano le regole. Il rischio di contagio si evita abolendo di fatto i minuti di raccoglimento, le condoglianze, la possibilità di rimanere uniti nel ricordo e nel dolore. I cortei funebri non esistono più

La paura della pandemia in corso ha cancellato ogni altra cosa, anche il cordoglio.

Regna sovrana la paura

Regnano sovrane le lacrime sommesse

Il tempo e lo spazio sono invasi dalla paura e si ha fretta di chiudersi nelle case.

Il coronavirus ci ha tolto tanto e forse dovremmo riflettere.

Nemmeno la morte di chi abbiamo amato concede una deroga.

I funerali erano anche il luogo in cui augurare alla persona cara di riposare in pace, sono diventati – con la pandemia – una semplice e veloce sepoltura.

Un nuovo paradigma è entrato nelle nostre vite, e non c’è bisogno di essere cristiani e credenti per provare un ulteriore nodo in gola a dover rimanere soli nella propria sofferenza, le mani con i guanti, la mascherina sulla bocca, la voglia di piangere.

Ma in fondo dove sono i nostri cari, se non in fondo ai nostri cuori?

È quello che ci domandiamo mentre continuiamo a seppellire i nostri cari a Pescara

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