Le concessioni cimiteriali

In questi anni abbiamo analizzato la morte nelle sue sfaccettature più differenti, abbiamo analizzato le dinamiche del lutto e vi abbiamo fatto conoscere sempre di più, anche attraverso delle piccole curiosità, la nostra professione. 

Quando una persona a noi cara viene a mancare il primo sentimento è il lutto, dopo pensiamo al funerale e alla sepoltura. Ma cosa accade dopo le esequie? La burocrazia del mondo dei vivi ci da diverse opzioni, vediamole.

Il defunto può essere tumulato all’interno di uno spazio libero del cimitero o, nel caso se ne sia in possesso, nella cappella della famiglia, o ancora si può optare per la cremazione. In quest’ultimo caso l’urna con le ceneri può essere riposta all’interno di uno spazio cimiteriale o può essere restituita alla famiglia che deciderà, sempre nel rispetto delle norme vigenti, cosa farne anche in base alle volontà del defunto. 

Nel caso la volontà del defunto sia quella di essere inumato o custodito in un loculo nel cimitero, si va incontro alla concessione cimiteriale, che viene regolamentata dalle norme della polizia mortuaria.

Quando si parla di polizia mortuaria, come abbiamo accennato, interviene inevitabilmente la domanda sui limiti e le prerogative dell’uso privato di spazi interni al cimitero, ovvero:

per quanto tempo è possibile “affittare” uno spazio nel terreno o un loculo cimiteriale per il defunto? Dopo quanti anni la salma verrà riesumata e lo spazio affittato tornerà a disposizione del cimitero per altri defunti? Per quanto tempo si può rinnovare la concessione?

Il regime che disciplina questo diritto è quello delle concessioni cimiteriali, ovverosia, del prestito di un diritto proprio dell’ente pubblico (la proprietà dei cimiteri è parte del demanio necessario 832 codice civile), ad un altro soggetto, privato, sia esso persona fisica od ente, affinché questi vi destini il proprio sepolcro per sé o per i suoi parenti.

Il cimitero riveste una funzione pubblica. La concessione in particolare è un diritto del privato in deroga al diritto del pubblico. Esso basa la sua regolamentazione fin già nell’articolo 100 del R. d. n. 448/1892, il quale, istituendo le concessioni cimiteriali, ne creava il doppio macro genus, definendo il limite temporale delle medesime, che potevano essere a tempo determinato ovvero perpetue.

Le norme recenti in materia di concessione cimiteriale sono contenute all’interno del D.P.R. 285/1990, cioè il già ampiamente citato regolamento di polizia mortuaria.

Le modalità per il rilascio di una concessione cimiteriale sono stabilite dal regolamento comunale cimiteriale. Di norma, il richiedente, che potrebbe essere anche il futuro utilizzatore, presenta un’istanza all’ufficio competente, alla quale fare seguito il pagamento della relativa tariffa. Tale pagamento può essere dimostrato anche al momento della presentazione dell’istanza allegando alla stessa la relativa ricevuta. Con il rilascio della concessione, il titolare della stessa ha il diritto di usare la sepoltura per un periodo di tempo determinato alle condizioni stabilite dal regolamento comunale, ma rimane integro per il comune il diritto di proprietà dello spazio cimiteriale.

La durata delle concessioni è a tempo determinato. A richiesta degli interessati è consentita la proroga delle concessioni di loculi e cellette. La proroga della concessione si effettua per una sola volta e per un uguale periodo di tempo, entro i sei mesi dalla scadenza, dietro il pagamento del canone di concessione di cui in tariffa, decisa da ogni comune.

Nel caso non venga rinnovata la concessione, l’esumazione o l’estumulazione vengono effettuate d’ufficio qualora la famiglia, in tempo utile rispetto alla data delle operazioni, non prenda contatti con gli uffici e disponga altrimenti. In questo caso le spoglie vengono conservate in perpetuo nei depositi cimiteriali (non accessibili alle visite), restando a disposizione dei familiari che volessero in seguito scegliere una nuova destinazione per il defunto.

È una disciplina molto complicata: Le regole sono tante ma sono ben gestite dai comuni. Il nostro lavoro come agenzia funebre, lo abbiamo sempre ricordato, consiste anche nell’aiutarti nella parte più burocratica della sepoltura, in modo che il vostro caro possa riposare in pace e voi possiate essere liberati dal peso delle norme che, in quei momenti, può risultare insopportabile. 

La “stagnatura” nei cofani di zinco: norme e particolarità

L’articolo 30 DPR n.285/1990 sui centootto articoli che stabilisce norme su l’unito regolamento di polizia mortuaria, definisce gli standard di confezionamento dei cofani in metallo di cui è costituita la doppia cassa

Proprio dall’Art. 30 del vigente regolamento di polizia mortuaria si desumono tutte le caratteristiche tecniche che un feretro

  1. Per il trasporto all’estero o dall’estero, fuori dei casi previsti dalla convenzione internazionale di Berlino, o da comune a comune, la salma deve essere racchiusa in duplice cassa, l’una di metallo e l’altra di tavole di legno massiccio.
  2. La cassa metallica, o che racchiuda quella di legno o che sia da questa contenuta, deve essere ermeticamente chiusa mediante saldatura e tra le due casse, al fondo, deve essere interposto uno strato di torba polverizzata o di segatura di legno o di altro materiale assorbente, sempre biodegradabile, riconosciuto idoneo.
  3. Le saldature devono essere continue ed estese su tutta la periferia della zona di contatto degli elementi da saldare.
  4. Lo spessore di lamiera della cassa metallica non deve essere inferiore a 0,660 mm se di zinco, a 1,5 mm se di piombo.
  5. Lo spessore delle tavole della cassa di legno non deve essere inferiore a 25 mm. Eventuali intagli sono consentiti quando lo spessore iniziale delle tavole è tale che per effetto degli intagli medesimi in ogni punto sia assicurato lo spessore minimo di cui sopra.
  6. Il fondo della cassa deve essere formato da una o più tavole, di un solo pezzo nel senso della lunghezza, riunite al massimo nel numero di cinque nel senso della lunghezza, fra loro saldamente congiunte con collante di sicura e duratura presa.
  7. Il coperchio della cassa deve essere formato da una o più tavole di un solo pezzo nel senso della lunghezza.
  8. Nel caso in cui il coperchio sia costituito da più facce che si trovino su piani diversi occorre che dette facce siano costituite da tavole di un solo pezzo nel senso della lunghezza.
  9. Le pareti laterali della cassa comprese tra il fondo e il coperchio devono essere formate da una o più tavole di un solo pezzo nel senso della lunghezza delle pareti stesse congiunte tra loro nel senso della larghezza con le medesime modalità tecniche delle tavole formanti il fondo. Le suddette pareti laterali devono parimenti essere saldamente congiunte tra loro con collante di sicura e duratura presa.
  10. Il coperchio deve essere saldamente congiunto alle pareti laterali mediante viti disposte di 20 in 20 centimetri. Il fondo deve essere saldamente congiunto ad esse con chiodi disposti di 20 in 20 centimetri ed assicurato con un mastice idoneo.
  11. La cassa così confezionata deve essere cerchiata con liste di lamiera di ferro, larghe non meno di 2 centimetri, distanti l’una dall’altra non più di 50 centimetri, saldamente fissate mediante chiodi o viti.
  12. Sia la cassa di legno sia quella di metallo debbono portare impresso ben visibile sulla parte esterna del proprio coperchio il marchio di fabbrica con l’indicazione della ditta costruttrice.
  13. Per il trasporto da un comune ad un altro comune che disti più di 100 chilometri, salvo il caso previsto dall’art. 25 e sempre che il trasporto stesso dal luogo di deposito della salma al cimitero possa farsi direttamente e con idoneo carro funebre, si impiega la sola cassa di legno

Inoltre, per la tumulazione ex Art. 77 del suddetto DPR “Le salme destinate alla tumulazione devono essere racchiuse in duplice cassa, l’una di legno, l’altra di metallo secondo quanto disposto dagli articoli 30 e 31.

Sulla cassa esterna deve essere apposta una targhetta metallica con l’indicazione del nome e cognome, data di nascita e di morte del defunto.”, da Funerali.org .

Al secondo comma della suddetta disposizione, il legislatore prescrive in modo tassativo come la controcassa di metallo debba essere saldata.
La legge, però, non indica un metodo preciso, ma raccomanda solo che la giuntura sia continua ed estesa su tutta la periferia della zona di contatto tra coperchio e vasca, così da garantire nel tempo la tenuta ermetica a gas e liquami, originati dai processi di decomposizione organica.

Per anni, questa norma è stata interpretata in modo molto riduttivo dalle industrie funerarie e l’unico sistema per sigillare i feretri, legittimato dalla legge, è parso la collaudata tecnica della chiusura a fuoco, per altro, richiesta espressamente anche dalla Convenzione di Berlino per i trasporti internazionali.

Questo metodo consiste in un processo mediante il quale si realizza l’unione dei due elementi di metallo sotto l’azione del calore, in modo da ottenere una solida continuità tra i pezzi, facendo entrare in gioco le rispettive azioni molecolari.

Per facilitare l’operazione si ricorre all’interposizione tra le due superfici di contatto di un particolare metallo fuso.

Per congiungere le lamiere di zinco, dunque, si adotta una brasatura “dolce”, usando materiali d’apporto con un basso punto di fusione, intorno ai 400 gradi, come stagno, piombo o loro leghe derivate.

Il calore necessario è generato mediante appositi attrezzi detti saldatori, alimentati a gas oppure dalla corrente elettrica.

I due lembi da unire debbono preventivamente essere levigati, deossidati e puliti con un agente chimico particolarmente corrosivo, come l’acido muriatico, così da rimuovere eventuali corpi estranei o impurità.

Le saldature “dolci” presentano un’ottima impermeabilità a liquidi o ai composti aeriformi, mentre dimostrano una debole resistenza agli sforzi meccanici; sono, quindi, indicate soprattutto per collegamenti non interessati a forti sollecitazioni di tipo fisico.
Approfonditi studi, invece, hanno dimostrato come anche i cofani mortuari siano sottoposti a notevoli deformazioni o flessioni della lamiera, a causa delle tumultuose trasformazioni degenerative del cadavere, racchiuso al loro interno.

La stagnatura del feretro è un’operazione molto delicata, perché bisogna dosare bene il calore e stendere uno strato omogeneo di metallo fuso lungo tutto il bordo della cassa, eventuali bolle o pori, infatti, ne comprometterebbero la resistenza.

Il progressivo raffreddamento dello stagno, presente nelle leghe d’apporto, costituisce un ulteriore motivo di inaffidabilità, poiché questo elemento tende a perdere l’elasticità necessaria per assicurare una chiusura stabile. Una volta raggiunta la temperatura di 13,2 gradi, infatti, lo stagno è soggetto a profonde modificazioni della propria struttura molecolare, diventa più fragile e perde progressivamente il proprio potere di coesione.
Questo processo è causato della formazione di cristalli polverulenti, fenomeno conosciuto anche come “peste dello stagno”, che, diffondendosi dapprima solo in alcuni punti, si estendono, in breve, a tutta la massa, e ne provocano una spontanea polverizzazione.

Proprio questa caratteristica sarebbe la causa delle improvvise rotture che originano lo scoppio della bara, con diffusione di gas e percolazione di materiale putrefattivo all’esterno del tumulo. L’involucro di zinco, infatti, è soggetto a notevoli sforzi e flessioni dello stesso nastro metallico, proprio per effetto della sovrappressione provocata dai gas che la salma sviluppa durante la fase enfisematosa della decomposizione cadaverica.

La tradizionale saldatura “a caldo” dei manufatti in zinco, comporta, poi, inevitabili contrattempi ed inconvenienti che la moderna tecnologia cerca progressivamente di eliminare o, quantomeno, ridurre.

Le leghe saldanti a base di piombo, come lo stesso stagno, sprigionano, infatti, fumi irritanti, particolarmente dannosi, soprattutto nel lungo periodo, per la salute degli operatori a diretto contatto con questi vapori. Si debbono poi anche considerare le pericolose esalazioni dell’acido muriatico, indispensabile per il decapaggio della lamiera zincata.
La legge n.626 del 1994 ora confluita nel D.LGS n. 81/2008, esaminando in generale i rischi derivati dal contatto ravvicinato con sostanze chimiche nocive, dispone che, sotto la responsabilità delle stesse imprese, tutti gli addetti alla saldatura con stagno (quindi anche i necrofori) debbano essere sottoposti periodicamente a visite mediche e controlli sanitari.

La chiusura del feretro rappresenta poi, per i famigliari del defunto, uno dei momenti più dolorosi e sgradevoli: l’ingombrante presenza di bombole, apparecchiature rumorose, assieme al sibilo sinistro del saldatore, produce nei dolenti un violento impatto emotivo.
L’utilizzo, poi, di strumenti a fiamma viva, da parte di mani inesperte, in ambienti domestici, o anguste camere mortuarie, ha spesso provocato piccoli principi d’incendio a carico di tendaggi o drappi funebri.

La circolare del ministero della Sanità 24 giugno 1993 n. 24 ha legittimato, come alternativa alle consuete leghe impiegate nella saldatura, la scelta di un adesivo denso, molto resistente e particolarmente elastico, tale da consentire una chiusura ermetica, d’eguale consistenza ed affidabilità nel tempo, delle casse metalliche. Invero la suddetta circolare parla di “saldatura a freddo” a proposito della sigillatura delle urne cinerarie, dove la chiusura ermetica delle stesse serve unicamente per evitare atti di profanazione delle ceneri o un’involontaria dispersione e non certo a trattenere i miasmi cadaverici, essendo le ceneri un prodotto inorganico, residuo di ossa calcinate, tuttavia questa tecnica, per un’ovvia proprietà transitiva, risulta, per prassi, applicabile anche ai cofani di zinco (il piombo, ormai non si usa più da decenni!)

L’innovazione, mutuata dall’esperienza francese, si presta, senza dubbio ad un ampio utilizzo, anche se permangono alcune perplessità da parte degli stessi agenti d’onoranze funebri. La legge italiana consente alle industrie funerarie di lavorare lo zinco con spessori molto ridotti, nell’ordine di 0,66 millimetri (solo nella tumulazione “in deroga” ex Art. 106 DPR n.285/1990 e conseguente allegato di cui al paragrafo 16 Circ. Min. n.24/1993, è richiesto uno zinco rinforzato di 0.74 mm, corrispondente al laminato del n. 13 secondo le norme UNI)

Una tale sottigliezza produce, soprattutto nei bordi, rilevanti irregolarità oppure ondulazioni della lamiera che possono produrre notevoli giochi tra vasca zincata e rispettiva copertura, addirittura di diversi millimetri. Difficilmente, quindi, si riesce subito a sistemare correttamente il coperchio entro la sua sede, spesso, anzi, bisogna ricorrere a leggerissime e sapienti correzioni, fino a che i bordi dei due elementi (cassa e coperchio) collimino perfettamente.
Il classico metodo della “stagnatura” prevede che, solo quando sia stato apposto il coperchio sul cofano, si stenda uniformemente, lungo tutto il perimetro, una colata di stagno. Eventuali soluzioni di continuità tra la copertura ed il contenitore inossidabile vengono così compensate dalla fusione di lega saldante.

Nel caso, invece, di chiusura “a freddo” della bara, destinata alla deposizione in un loculo, bisognerebbe stendere prima un velo di collante sull’intero labbro della vasca in zinco e, solo in seguito, si potrebbe applicare definitivamente il coperchio.

Possibili variazioni nell’assetto del coperchio, anche se impercettibili, per assicurare un’ottimale tenuta, riuscirebbero particolarmente problematiche, perché i lembi di zinco, già impregnati di mastice, opporrebbero una certa resistenza, provocando inopportune sbavature.
Se la vista del personale necroforo che opera sul feretro con acido e fiamma, per garantirne la sigillatura, risulta particolarmente impressionante, soprattutto per le persone più sensibili, già sconvolte dal lutto, a maggior ragione riuscirebbe ancor più insopportabile l’idea di assistere ad una sorta di teatro dell’assurdo, con gli operatori funebri che armeggiano confusamente con la colla per fissare il coperchio.

Interessante un’ultima riflessione: recentemente il Ministero della Salute, con D.M. 5 luglio 2011, poi rettificato con D.M. 2 novembre 2011, ai sensi dell’Art. 115 comma 1 lett. B) del D.LGS n.112/1998, ha autorizzato, giusta l’Art. 31 DPR n.285/1990, l’uso di materiali diversi dal nastro di zinco da impiegarsi per le bare da tumulazione stagna (in alcune Regioni, infatti, è ammesso anche il loculo areato che non richiede assolutamente la cassa saldata), ancora non ci è dato sapere come, tra vasca e coperchio realizzati non più in metallo, ma in polipropilene, sarà assicurata, nel tempo, la tenuta stagna.

Per l’industria funeraria nazionale si aprono nuove interessanti prospettive, rimanendo la tumulazione la pratica funebre prevalente in Italia”.

Bisogna spostarsi in altre nazioni per vedere quali sono le norme e le differenza, e questa materia la approfondiremo nei prossimi articoli.

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