L’immobiliare dei defunti

Tutti noi sappiamo che il cimitero ha due funzioni essenziali e importanti: la prima è essere un luogo del ricordo dei nostri cari defunti, e la seconda è quella di essere il luogo nel quale si compiono i processi trasformativi del cadavere, in modo controllato, per tutelare la sanità e l’igiene pubblica. Purtroppo il sistema di tumulazione italiano non ha mai tenuto conto di un possibile aumento dei decessi e, di conseguenza, della necessità di nuovi spazi per le sepolture. La fragilità del nostro sistema cimiteriale, purtroppo, è emersa durante il periodo più duro del covid, dove l’eccesso di mortalità ha messo in difficoltà molti comuni italiani, soprattutto i più popolosi. 

Le difficoltà saranno sempre maggiori, soprattutto nelle grandi città, che registrando un aumento di popolazione, dovranno attrezzarsi per accogliere, si spera il più tardi possibile, ancora più defunti. Vero, la cremazione sta dando una grande mano al sistema, ma anche per questa pratica i tempi di attesa si stanno allungando sempre di più. È necessario ripensare all’intero sistema cimiteriale, in modo da evitare qualunque collasso e attesa, ridurre la burocrazia al minimo e, al contempo, occorre ripensare profondamente al ruolo del cimitero nelle città di questo secolo, comprendere i bisogni del lutto e integrarli con altri bisogni della nostra società.

Per tornare ad essere rilevanti per le loro comunità, i cimiteri devono creare spazi e memoriali progettati non solo per scopi funzionali, ma anche e soprattutto per attrarre le famiglie, e preservare la memoria dei nostri cari. Per muoverci su questa nuova direttiva, bisogna avere una comprensione approfondita della comunità, dei dati demografici, delle preferenze della popolazione e dei modelli di sepoltura e commemorazione. Infatti il sistema napoleonico di sepoltura, ancora usato nei nostri cimiteri, sta iniziando a mostrare tutti i suoi limiti, facendo allontanare sempre più i cittadini dalle opzioni seriali, portandoli alla ricerca di qualcosa di unico e personalizzato.

Abbiamo già parlato delle sepolture alternative e visto come i luoghi di inumazione, o gli impianti di cremazione, possano diventare dei luoghi nei quali la commemorazione del defunto assume un nuovo significato. Ed è anche guardando a questi esempi che la crisi cimiteriale italiana può trasformarsi in un’opportunità urbana.
Infatti, la grande diffusione della cremazione, permetterà di liberare negli anni delle aree nei cimiteri, che potrebbero essere destinate a un sistema di inumazione o tumulazione, in aree a prevalenza verde, non più viste come meri luoghi di sepoltura, ma come parti integranti del tessuto urbano, come spazi di rispetto, ma anche di comunità. 

È arrivato il momento di capire realmente cosa fare del sistema cimiteriale italiano, visto che molte aree destinate a questo uso hanno terminato la loro funzione, perché è finito lo spazio fisico a disposizione, e generano solo spese e non più introiti, necessari per la manutenzione ordinaria. Su questo aspetto occorre puntare i riflettori e varare rapidamente una riforma legislativa della normativa cimiteriale, affinché i cimiteri italiani possano avere un futuro che non sia, come oggi purtroppo si intravede, di abbandono quasi certo.

Le soluzioni ci sono, ma a volte difficilmente applicabili: si parla del sistema americano, dove i cimiteri sono gestiti da fondi terzi, che gestiscono una parte degli introiti e, in cambio, grazie agli interessi maturati da questi fondi, si fanno carico del decoro e del mantenimento del cimitero, oppure lasciare l’incombenza ai comuni, facendoli gestire al pari di uno spazio verde urbano, o ancora destinare una parte dei ricavi cimiteriali a questo scopo. Ci sarebbe anche una soluzione, estrema, alla quale non dovremmo mai arrivare, cioè il tassare l’uso degli spazi cimiteriali.

Noi delle Onoranze Funebri Emidio e Alfredo De Florentiis questo problema riusciamo a toccarlo con mano ogni giorno. Il nostro lavoro sarà sempre svolto ai massimi livelli, con una cura maniacale di ogni dettaglio e il rispetto di tutte le richieste del cliente, ma siamo consapevoli della situazione di alcuni cimiteri. Vero, la soluzione non è facile e deve contemplare una nuova visione del sistema cimiteriale italiano, coinvolgendo tutti gli attori presenti. Di sicuro bisogna ripensare questi spazi, renderli più vicini possibile alle città e ai centri abitati e, grazie anche alla cremazione, individuare, e costruire, luoghi nei quali il ricordo e il rispetto possano fondersi con la società dei vivi.

Il rito funebre

Il rito funebre_

il rito funebre

I riti funebri sono sempre stati celebrati sin da quando l’uomo esiste sulla terra. Nelle grotte dello Shanidar in Iraq, ad esempio, sono stati scoperti degli scheletri di Neanderthal coperti da un caratteristico strato di polline: ciò ha suggerito che i morti potessero essere sepolti con un minimo di cerimoniale in cui il presunto omaggio floreale potrebbe rappresentare una sorta di simbolismo. 

Come già accennato, l’uomo ha sempre avuto un’attenzione particolare verso la morte e il rendere omaggio ai propri defunti. Ogni popolo, sin dall’antichità, ha avuto, e ha ancora, propri riti e tradizioni che si sono tramandate e si sono adattate ai tempi. 

Le somiglianze che interessano le diverse culture sono tante, ma sono profonde e radicate anche le differenze, ed è giusto e doveroso rispettarle in un momento tanto delicato. 

Sul nostro blog abbiamo già visto come vengono svolti i riti funebri laici o in determinate culture nel mondo, ma oggi vi vogliamo raccontare i riti funebri delle maggiori religioni nel mondo.

Rito funebre cattolico

Il cristianesimo è la religione più diffusa nel mondo con oltre 2 miliardi di fedeli. In generale, il funerale cristiano è il rito che viene realizzato per il trapasso dell’anima del defunto dalla vita terrena a quella dei cieli. Il cristianesimo crede nell’esistenza dell’inferno, del purgatorio e del paradiso e, in base alle azioni svolte in vita, l’anima buona e senza peccato potrà andare in paradiso, mentre i peccatori che non hanno intenzione di redimersi andranno all’inferno. Il purgatorio è una zona di passaggio per le anime che devono ancora ripulirsi del tutto per poi poter accedere al paradiso. 

Tre sono i momenti principali organizzati durante il rito funebre cattolico: il commiato durante il quale la salma è esposta davanti ai visitatori, la veglia e, infine, la sepoltura. 

Negli ultimi anni si sta affacciando sempre più nel rito funebre cattolico anche la cremazione. Benché la chiesa preferisca la sepoltura, non è contraria alla cremazione della salma.

La durata di un intero rito funebre cristiano è di circa tre giorni, dalla veglia fino alla sepoltura o alla cremazione, e la messa vera e propria in chiesa può durare da un’ora a un’ora e mezza in base all’orazione del sacerdote. 

 

Rito funebre musulmano

La seconda religione più diffusa al mondo dopo il cristianesimo è l’Islam. Il rito funebre musulmano prevede delle regole più rigide per la sua realizzazione rispetto a quello cattolico. 

Come molte religioni del mondo, anche l’islam crede nell’aldilà ma, a differenza del cristianesimo, i musulmani pensano che ci si andrà nel Giorno del Giudizio, ossia quando il mondo finirà e le anime dei defunti potranno finalmente entrare in paradiso se sono state buone in vita o, al contrario, essere relegate all’inferno. 

Nella religione islamica la cremazione non è prevista perché la resurrezione non sarebbe possibile con l’eliminazione del corpo materiale. Alla sepoltura generalmente partecipano solo gli uomini.

Secondo la Sharia, la legge sancita dall’Islam, i rituali per onorare il defunto devono essere organizzati subito dopo la sua morte. Gli occhi e la bocca del defunto vengono chiusi, come accadeva anche in molti rituali dell’antichità, e il corpo viene coperto con un lenzuolo. 

Dato che le abluzioni sono fortemente radicate nel credo islamico, anche il corpo del defunto deve essere lavato per tre volte da parte dei suoi familiari, essere posizionato con le mani sul petto e infine chiuso all’interno di lenzuola. 

Durante il funerale le persone care e i membri della comunità si riuniscono nella moschea per pregare e chiedere il perdono per il defunto, affinché possa entrare in paradiso. Il rito viene guidato dall’imam e può durare fino a un’ora, mentre il periodo di lutto dura tre giorni, anche se le vedove lo portano per mesi. 

Rito funebre ebraico

Un funerale ebraico è una cerimonia ricca di rituali e di leggi che devono essere rispettate. Un aspetto molto interessante dell’ebraismo è che i fedeli non credono in un aldilà, come fanno i credenti delle altre due maggiori religioni, ma pensano semplicemente che la morte debba essere accettata.

Nel momento in cui una persona muore, il suo corpo deve essere lavato e poi avvolto in un sudario insieme a un gruppo di persone che veglierà su di lui finché non verrà sepolto e il tutto deve avvenire nell’arco di un’unica giornata, e le persone che desiderano fargli visita dovranno recarsi nel luogo prescelto per la cerimonia che può essere la sinagoga oppure un luogo reso disponibile dall’impresa di pompe funebri. 

Durante il rito funebre le persone quindi si riuniscono, vengono recitate le preghiere, viene fatto un elogio e il corteo si muove verso il cimitero dove sarà recitata un’altra preghiera. Al termine della sepoltura, i familiari e i visitatori si recheranno alla sinagoga o alla casa del defunto per un ricevimento dove verrà accesa una candela in memoria del defunto. 

Per quanto riguarda la sepoltura o la cremazione, alcuni movimenti permettono solo la prima mentre altri ammettono anche la seconda. 

Il rito funebre, che sia civile o religioso, è il momento più ricco di significato, in cui viene commemorata la persona defunta, dandole l’ultimo saluto e esprimendo solidarietà alla famiglia attraverso la partecipazione.

Le tradizioni, il credo religioso, l’appartenenza ad un gruppo sociale, le particolari volontà dei congiunti e quelle lasciate dall’estinto, rendono unico ogni atto funebre. Noi delle Onoranze Funebri Emidio e Alfredo De Florentiis offriamo un servizio in grado di rendere omaggio al defunto nel rispetto di tutti i maggiori riti funebri.

La camera mortuaria cimiteriale

Ogni cimitero per essere tale e per poter svolgere la propria attività (diversamente questa dovrebbe essere interrotta) deve garantire la presenza di un certo numero di strutture obbligatorie: tra queste almeno una camera mortuaria.

Le funzioni e le caratteristiche della camera mortuaria del cimitero sono precisate dal regolamento di polizia mortuaria statale. In sintesi viene identificata come il luogo in cui il feretro sosta prima della sepoltura definitiva.

A tale funzione se ne sommano altre, spesso connesse alla presenza o meno di un impianto di cremazione, che può avere una propria camera mortuaria distinta, oppure possono esservi una o più camere mortuarie cimiteriali separate dalla struttura del crematorio, pur nello stesso cimitero. 

La camera mortuaria, secondo le norme vigenti, deve possedere determinate caratteristiche obbligatorie:

  • Deve essere illuminata;
  • Deve essere ventilata “per mezzo di ampie finestre aperte direttamente verso la superficie scoperta del cimitero”. Ove la situazione dei luoghi non consenta una buona ventilazione naturale, si ritiene che la ventilazione naturale possa essere integrata da quella artificiale. Non sono stabiliti in quest’ultimo caso dei minimi di ricambi orari come invece previsti per i servizi mortuari di struttura sanitaria da un DPR del 1997;
  • Deve essere dotata di acqua corrente;
  • Deve essere dotata di arredi per la deposizione dei feretri;
  • Deve avere pareti fino ad una certa altezza (almeno 2 metri) facilmente lavabili;
  • Deve avere un pavimento facilmente lavabile “il pavimento, costituito anch’esso da materiale liscio, impermeabile, ben unito, lavabile, deve essere, inoltre, disposto in modo da assicurare il facile scolo delle acque di lavaggio”;
  • Deve essere dotata di soluzioni che garantiscano il facile ed innocuo smaltimento delle acque di lavaggio;
  • Deve essere costruita in prossimità dell’alloggio del custode, ove questo esista.

Questo posto, spesso passa inosservato nei cimiteri, perché quasi mai usato e, spesso, per sfortuna, risulta anche fatiscente. La camera mortuaria cimiteriale ha avuto la sua triste ribalta nel periodo più buio e pesante del covid quando, visto il lockdown e le forti restrizioni dovute all’emergenza sanitaria, spesso veniva usata per celebrare l’ultimo saluto a un caro. Infatti la sua collocazione aperta permetteva una maggiore sicurezza dai contagi. 

Inoltre, come già visto nell’articolo sul funerale laico, questo luogo, non essendo consacrato, può essere utilizzato per un ultimo saluto da parte di persone non credenti o appartenenti a un altra confessione. 

Per precisione, va evidenziata la differenza tra le case funerarie e le sale del commiato presenti all’interno dei cimiteri. Al di là della definizione nominalistica che varia da regione a regione è bene sottolineare come le case funerarie debbano di norma possedere specifiche dotazioni tecniche ed impiantistiche tali da poter garantire il rispetto delle norme igienico sanitarie durante lo svolgimento del periodo di osservazione della salma (ovvero prima dell’accertamento di morte da parte del medico necroscopo). Diversa cosa è la sala del commiato all’interno dei luoghi di sepoltura: quest’ultima è, semplificando, un locale di ampie dimensioni presso il quale può avvenire l’estremo saluto al defunto prima della sepoltura. Se la sala del commiato è all’interno della casa funeraria è possibile rendere l’ultimo saluto in presenza del feretro aperto; diversamente, l’estremo saluto potrà avvenire solo a feretro chiuso.

Il momento del commiato e sempre molto intimo e personale. Nella camera cimiteriale i cari, i parenti e gli amici del defunto, hanno la possibilità di dare l’ultimo saluto al proprio caro e fare le condoglianze alla famiglia. Ultimamente queste costruzioni hanno assunto un significato nuovo e importante. 

Le agenzie funebri come la Emidio e Alfredo De Florentiis gestiranno con professionalità e discrezione anche questo ultimo momento di saluto e ricordo.

Tanatofobia, tafofobia e altre

Ognuno di noi, almeno una volta nella vita, ha pensato al momento della sua morte. È un pensiero intimo che, sicuramente, ci ha fatto un poco di paura. La paura della morte è una fobia che non è innata negli individui, infatti non nasciamo con questa paura ma, solo con la crescita e l’apprendimento, ci rendiamo conto che esiste una cosa chiamata morte. La parola esatta che indica questa paura è Tanatofobia e (dal greco thanatos che significa morte, e phobos che significa paura) e indica, appunto, la morbosa paura della morte e delle manifestazioni ad essa collegate. Tale fobia può sorgere in seguito a traumi subiti per motivi emozionali o nevrotici. Nelle persone tanatofobiche tutto ciò che riporta anche remotamente alla morte è causa di attacchi di panico e profonda angoscia.

Anche se spesso vengono usate con lo stesso significato, non dobbiamo confondere la tanafobia con la necrofobia, cioè la paura dei cadaveri o dei corpi senza vita. Quest’ultima fobia è legata soprattutto al timore di svenire, impressionarsi, sentirsi poco bene o addirittura morire per l’emozione. 

Anche se di giorno sono luoghi frequentati, soprattutto, dalle persone più anziane, passare vicino a un cimitero di notte incute a quasi tutti una certa paura. Il termine usato per indicare questa paura è coimetrofobia. Questa parola non descrive una mera paura dei cimiteri, ma un insieme di reazioni psichiche che si verificano se ci si avvicina a uno di questi. Questa paura è considerata molto irrazionale, anche se gli effetti possono essere fastidiosi e vanno dalla paura estrema a stati d’ansia persistenti. Visto che questa paura si presenta soprattutto alla sera o alla notte, un consiglio che danno molti esperti è quello di visitare i cimiteri di giorno, ne esistono di monumentali e molto belli, per capire che non sono luoghi di cui aver paura, ma di pace e quiete. 

Nei vecchi cimiteri, quando le salme non venivano sigillati all’interno di bare zincate,  soprattutto nelle sere estive, si poteva vedere il fenomeno del fuoco fatuo. Questo è una fiammella prodotta dai gas emessi dalle materie organiche che si decompongono. Questi gas rimangono imprigionati dal terreno e, quando si liberano, formano un bagliore di colore blu o verde. Inutile dire che vedere un fenomeno del genere provoca un grande spavento.

Un altra fobia legata alla morte è la tafofobia. Questa paura sembra essere abbastanza rara ma, negli anni, ha generato interessanti spunti di riflessione e, anche, invenzioni curiose. La tafofobia è la paura di essere sepolti vivi a causa di una errata constatazione della morte. Come detto è abbastanza rara e appare più come una forma estrema di claustrofobia. 

Prima dell’avvento della medicina moderna, la paura di essere sepolti vivi non era del tutto irrazionale. Nella storia vi sono stati numerosi casi di persone accidentalmente sepolte vive e la letteratura e, più recentemente il cinema, ci hanno dato descrizioni romanzate di questa paura. Allo scopo di evitare questo macabro evento, alla fine del Settecento, l’anatomista danese Jacques-Bénigne Winslow, aveva enunciato una serie di possibili riscontri da attuare sul presunto cadavere affinché la diagnosi di morte fosse certa. Fra questi ve n’erano alcuni molto curiosi, come ad esempio: “versare aceto e sale o urina calda nella bocca”, “mettere insetti nelle orecchie” o “tagliare le piante dei piedi con delle lamette”.

Edgar Allan Poe era affetto da tafofobia ed ha spesso usato questa sua paura nei classici della letteratura del terrore

Un altro aspetto curioso legato alla tafofobia è l’invenzione delle bare di sicurezza. Queste avevano ad esempio coperchi in vetro, corde con campanelli e tubi collegati all’esterno per poter respirare fino al salvataggio. In particolare, il creatore della bara con il tubo, il tedesco Herr Gutsmuth, si fece seppellire due volte nella sua creazione, per dimostrarne la funzionalità.

Oggi, grazie all’evoluzione delle scienze mediche e i rigidi parametri che si devono seguire per la tumulazione dei corpi è impossibile non riconoscere una morte apparente, almeno nei paesi più sviluppati. 

Queste sono solo un esempio delle fobie collegate alla morte o ai luoghi della morte. È importante rimarcare che sono paure che in apparenza non hanno nulla di razionale ma, che meritano di essere rispettate e trattate. Il nostro compito, come impresari funebri, è anche quello di rassicurare, chi si affida a noi, su questi aspetti. 

5 fiori d’autunno per i nostri cari defunti

Un fiore, un dono che fa sempre piacere: un modo dolce di ricordare qualcuno, di non dimenticare chi ci vuole bene, chi ci ha voluto bene, chi abbiamo amato.

Un anonimo paragonò i fiori alle tre cose belle rimaste in paradiso: Tre cose ci sono rimaste del Paradiso: le stelle, i fiori e i bambini.”
Mentre Paul Claudel scrisse: “Un fiore è breve, ma la gioia che dona in un minuto è una di quelle cose che non hanno un inizio o una fine”.

Pensare di portare un fiore sulla tomba di chi non è più vicino a noi, è un modo delicato di vivere ancora quella presenza, di sentire la persona cara vicina.

Non è facile lasciare andare qualcuno che si è amato, ma attraverso i fiori noi rendiamo ancora vivo quel sentimento!

Ma come scegliere i fiori migliori in questa stagione? Questa volta forse dovremo fare un po’ i conti con la stagionalità. Sicuramente se conosciamo bene la persona che ci ha lasciato, portare i suoi fiori preferiti è il gesto più bello per sentirlo/a ancora vicino; ci sono però alcuni fattori da prendere in considerazione tipo il periodo dell’anno.

D’estate infatti i fiori tendono a seccare prima a causa del caldo quindi servono tipologie più resistenti:

“Non dimentichiamo quello che è il fiore per eccellenza delle cerimonie e riti funerari: il crisantemo. Presenti in svariati colori, i più noti sono bianchi e gialli, i crisantemi ben si adattano ad ogni condizione climatica. Il suo essere definito il “fiore dei morti” è semplicemente legato al fatto che la sua fioritura avviene nel mese di novembre periodo che, in Italia, celebra la festa del Giorno dei Morti.”

Quando con l’autunno arriva il fresco, cambia anche la tipologia di fiore da preferire nei cimiteri. In questo articolo ve ne consigliamo 5 tra cui scegliere:

Il nome è legato all’omonimo mese dell’anno e fa parte della vastissima famiglia degli Aster, originari del Nord America, e la loro fioritura, estremamente abbondante, dura a lungo. Si tratta di una pianta perenne assai vigorosa quindi senz’altro è un acquisto interessante che non dovremo ripetere l’anno prossimo, perché esteticamente da il meglio di sé in vaso.

In autunno ha il suo momento di massima fioritura, con fiori in tonalità che vanno dal viola intenso al rosa tenue. Al di là della provenienza geografica, che ne determina anche alcune caratteristiche morfologiche, tutte le specie sono sempreverdi, perenni e di tipo arbustivo.

È una pianta particolarmente forte, e non è affatto raro infatti trovare fiori selvatici in prati e campagne. La gran parte delle specie di narciso dunque non teme né il freddo né il caldo, e può crescere anche se la temperatura scende di qualche grado sotto lo zero.

È una pianta sempreverde che si adatta bene a condizioni non proprio ottimali. Ama i luoghi luminosi e soleggiati per molte ore al giorno, ma tollera anche le esposizioni parzialmente ombreggiate. Non teme il caldo e resiste ben anche al freddo.

La pianta è una sempreverde estremamente rustica che resta sempre bellissima anche nei mesi invernali. In inverno e primavera offre inoltre una splendida fioritura bianca e rosata. Sa adattarsi agli ambienti secchi e sopravvive senza problemi nei climi più rigidi, sopporta l’esposizione all’ombra, anche se fiorisce meno, ed è particolarmente resistente alle intemperie.

Per non dimenticare basta anche in piccolo gesto come portare un fiore per tornare a rivivere i momenti più belli con la persona amata.

Per conoscere altri piccoli segreti e curiosità legate al nostro mestiere, continuate a seguirci sul nostro blog!

Cremazione: Ecco cosa fare!

Pensare di non vedere più, ascoltare e parlare più con una persona cara, non è affatto semplice.

Il momento del distacco è difficile da gestire e non si accetterà mai completamente il distacco.

Portare fiori al cimitero è il modo più bello e più umano di sentirci vicino al nostro caro

La morte è però un momento che, purtroppo, prima o poi arriva; è la legge della vita del resto: si torna alla Madre Terra.

“Polvere eravamo, polvere torneremo” diceva qualcuno. Ed è la verità: la decomposizione del corpo avviene in un lasso di tempo lunghissimo giunto il quale le ossa diventano polvere.

Il corpo che diventa polvere: è questo ciò che accade se si sceglie, quale rito funebre, la Cremazione.

Essa infatti è definita come “la pratica di ridurre, tramite il fuoco, un cadavere nei suoi elementi base (gas e frammenti ossei”.

Attenzione però, c’è una precisazione da fare: la cremazione non riduce il cadavere in cenere; i resti di tale pratica infatti sono frammenti ossei friabili che, in un secondo momento, vengono sminuzzati fino a formare una cenere che poi, a seconda degli usi, delle consuetudini o delle ultime volontà della persona defunta, vengono custodite in un’urna, sepolte, sparse, o altro.

E’ una pratica molto antica dell’Asia soprattutto in India dove culture antiche hanno creduto che il fuoco fosse un agente di purificazione e che la cremazione illuminasse il passaggio dei defunti in un altro mondo, o che ne impedisse il ritorno tra i vivi.

In Italia si parla di primitive forme di Cremazione sin dal Neolitico per poi sparire con l’arrivo del Cristianesimo; un rituale che non diventa un vero e proprio tabù ma è guardato con sospetto dalle autorità religiose e, a volte, apertamente osteggiata a causa della sua origine pagana greco-romana.

Da quei secoli ad oggi, le cose sono profondamente cambiate e, il rito di cremare il corpo di un proprio caro, è aumentata: si stima, secondo i dati relativi al 2008, che, nelle due principali metropoli del Nord Italia, Torino e Milano, la percentuale supera il 50%.

Chi decide per la Cremazione di un defunto? L’attestazione del defunto stesso il quale esprime questa volontà in 5 modi:

  • un testamento registrato dal notaio;
  • un testamento olografo (cioè scritto di proprio pugno) datato e firmato;
  • l’iscrizione ad un’associazione pro cremazione riconosciuta oppure ad una società di cremazione;
  • dal coniuge e dai parenti più vicini, con atto scritto. Se concorrono più parenti dello stesso grado, per disporre la cremazione è necessaria la maggioranza assoluta di essi da comunicare all’ufficiale dello stato civile del comune di decesso o di ultima residenza del defunto;
  • in caso di minori e interdetti, la volontà alla cremazione deve essere manifestata dai loro legali rappresentanti.

A ciò va aggiunto che la persona, può affidare il compito di disperdere le sue ceneri a un parente o amico.

Forse questo è il momento più difficile specie se la volontà del nostro caro è la dispersione in un luogo aperto; le ceneri infatti possono essere sparse:

  • in aree apposite all’interno dei cimiteri;
  • in natura, ossia in mare, nei laghi e nei fiumi solo nei tratti liberi da imbarcazioni e opere;
  • in aree private purché all’aperto, con il permesso dei proprietari e senza finalità di lucro.

Il processo di Cremazione, in generale è di competenza del Comune: ogni amministrazione infatti regola le modalità di tale rito e determina le modalità di conservazione.

Se la scelta è la conservazione in casa all’interno di un’urna, la medesima dev’essere sigillata con cura e in ogni caso:

  • consentire l’identificazione dei dati anagrafici del defunto;
  • avvenire tramite tumulazione, interramento o consegna ai familiari.

Lasciar andare una persona cara non è facile; accettare la fine della vita men che meno.

Cremazione o cimitero sono riti per accompagnarlo/a nel suo ultimo viaggio ma la cosa più importante è che il loro ricordo resterà sempre vivo dentro noi.

Con questo articolo di oggi, ti abbiamo raccontato un piccolo ma importante aspetto del nostro delicato lavoro; seguiteci sul nostro blog per scoprire molto di più.

La “stagnatura” nei cofani di zinco: norme e particolarità

L’articolo 30 DPR n.285/1990 sui centootto articoli che stabilisce norme su l’unito regolamento di polizia mortuaria, definisce gli standard di confezionamento dei cofani in metallo di cui è costituita la doppia cassa

Proprio dall’Art. 30 del vigente regolamento di polizia mortuaria si desumono tutte le caratteristiche tecniche che un feretro

  1. Per il trasporto all’estero o dall’estero, fuori dei casi previsti dalla convenzione internazionale di Berlino, o da comune a comune, la salma deve essere racchiusa in duplice cassa, l’una di metallo e l’altra di tavole di legno massiccio.
  2. La cassa metallica, o che racchiuda quella di legno o che sia da questa contenuta, deve essere ermeticamente chiusa mediante saldatura e tra le due casse, al fondo, deve essere interposto uno strato di torba polverizzata o di segatura di legno o di altro materiale assorbente, sempre biodegradabile, riconosciuto idoneo.
  3. Le saldature devono essere continue ed estese su tutta la periferia della zona di contatto degli elementi da saldare.
  4. Lo spessore di lamiera della cassa metallica non deve essere inferiore a 0,660 mm se di zinco, a 1,5 mm se di piombo.
  5. Lo spessore delle tavole della cassa di legno non deve essere inferiore a 25 mm. Eventuali intagli sono consentiti quando lo spessore iniziale delle tavole è tale che per effetto degli intagli medesimi in ogni punto sia assicurato lo spessore minimo di cui sopra.
  6. Il fondo della cassa deve essere formato da una o più tavole, di un solo pezzo nel senso della lunghezza, riunite al massimo nel numero di cinque nel senso della lunghezza, fra loro saldamente congiunte con collante di sicura e duratura presa.
  7. Il coperchio della cassa deve essere formato da una o più tavole di un solo pezzo nel senso della lunghezza.
  8. Nel caso in cui il coperchio sia costituito da più facce che si trovino su piani diversi occorre che dette facce siano costituite da tavole di un solo pezzo nel senso della lunghezza.
  9. Le pareti laterali della cassa comprese tra il fondo e il coperchio devono essere formate da una o più tavole di un solo pezzo nel senso della lunghezza delle pareti stesse congiunte tra loro nel senso della larghezza con le medesime modalità tecniche delle tavole formanti il fondo. Le suddette pareti laterali devono parimenti essere saldamente congiunte tra loro con collante di sicura e duratura presa.
  10. Il coperchio deve essere saldamente congiunto alle pareti laterali mediante viti disposte di 20 in 20 centimetri. Il fondo deve essere saldamente congiunto ad esse con chiodi disposti di 20 in 20 centimetri ed assicurato con un mastice idoneo.
  11. La cassa così confezionata deve essere cerchiata con liste di lamiera di ferro, larghe non meno di 2 centimetri, distanti l’una dall’altra non più di 50 centimetri, saldamente fissate mediante chiodi o viti.
  12. Sia la cassa di legno sia quella di metallo debbono portare impresso ben visibile sulla parte esterna del proprio coperchio il marchio di fabbrica con l’indicazione della ditta costruttrice.
  13. Per il trasporto da un comune ad un altro comune che disti più di 100 chilometri, salvo il caso previsto dall’art. 25 e sempre che il trasporto stesso dal luogo di deposito della salma al cimitero possa farsi direttamente e con idoneo carro funebre, si impiega la sola cassa di legno

Inoltre, per la tumulazione ex Art. 77 del suddetto DPR “Le salme destinate alla tumulazione devono essere racchiuse in duplice cassa, l’una di legno, l’altra di metallo secondo quanto disposto dagli articoli 30 e 31.

Sulla cassa esterna deve essere apposta una targhetta metallica con l’indicazione del nome e cognome, data di nascita e di morte del defunto.”, da Funerali.org .

Al secondo comma della suddetta disposizione, il legislatore prescrive in modo tassativo come la controcassa di metallo debba essere saldata.
La legge, però, non indica un metodo preciso, ma raccomanda solo che la giuntura sia continua ed estesa su tutta la periferia della zona di contatto tra coperchio e vasca, così da garantire nel tempo la tenuta ermetica a gas e liquami, originati dai processi di decomposizione organica.

Per anni, questa norma è stata interpretata in modo molto riduttivo dalle industrie funerarie e l’unico sistema per sigillare i feretri, legittimato dalla legge, è parso la collaudata tecnica della chiusura a fuoco, per altro, richiesta espressamente anche dalla Convenzione di Berlino per i trasporti internazionali.

Questo metodo consiste in un processo mediante il quale si realizza l’unione dei due elementi di metallo sotto l’azione del calore, in modo da ottenere una solida continuità tra i pezzi, facendo entrare in gioco le rispettive azioni molecolari.

Per facilitare l’operazione si ricorre all’interposizione tra le due superfici di contatto di un particolare metallo fuso.

Per congiungere le lamiere di zinco, dunque, si adotta una brasatura “dolce”, usando materiali d’apporto con un basso punto di fusione, intorno ai 400 gradi, come stagno, piombo o loro leghe derivate.

Il calore necessario è generato mediante appositi attrezzi detti saldatori, alimentati a gas oppure dalla corrente elettrica.

I due lembi da unire debbono preventivamente essere levigati, deossidati e puliti con un agente chimico particolarmente corrosivo, come l’acido muriatico, così da rimuovere eventuali corpi estranei o impurità.

Le saldature “dolci” presentano un’ottima impermeabilità a liquidi o ai composti aeriformi, mentre dimostrano una debole resistenza agli sforzi meccanici; sono, quindi, indicate soprattutto per collegamenti non interessati a forti sollecitazioni di tipo fisico.
Approfonditi studi, invece, hanno dimostrato come anche i cofani mortuari siano sottoposti a notevoli deformazioni o flessioni della lamiera, a causa delle tumultuose trasformazioni degenerative del cadavere, racchiuso al loro interno.

La stagnatura del feretro è un’operazione molto delicata, perché bisogna dosare bene il calore e stendere uno strato omogeneo di metallo fuso lungo tutto il bordo della cassa, eventuali bolle o pori, infatti, ne comprometterebbero la resistenza.

Il progressivo raffreddamento dello stagno, presente nelle leghe d’apporto, costituisce un ulteriore motivo di inaffidabilità, poiché questo elemento tende a perdere l’elasticità necessaria per assicurare una chiusura stabile. Una volta raggiunta la temperatura di 13,2 gradi, infatti, lo stagno è soggetto a profonde modificazioni della propria struttura molecolare, diventa più fragile e perde progressivamente il proprio potere di coesione.
Questo processo è causato della formazione di cristalli polverulenti, fenomeno conosciuto anche come “peste dello stagno”, che, diffondendosi dapprima solo in alcuni punti, si estendono, in breve, a tutta la massa, e ne provocano una spontanea polverizzazione.

Proprio questa caratteristica sarebbe la causa delle improvvise rotture che originano lo scoppio della bara, con diffusione di gas e percolazione di materiale putrefattivo all’esterno del tumulo. L’involucro di zinco, infatti, è soggetto a notevoli sforzi e flessioni dello stesso nastro metallico, proprio per effetto della sovrappressione provocata dai gas che la salma sviluppa durante la fase enfisematosa della decomposizione cadaverica.

La tradizionale saldatura “a caldo” dei manufatti in zinco, comporta, poi, inevitabili contrattempi ed inconvenienti che la moderna tecnologia cerca progressivamente di eliminare o, quantomeno, ridurre.

Le leghe saldanti a base di piombo, come lo stesso stagno, sprigionano, infatti, fumi irritanti, particolarmente dannosi, soprattutto nel lungo periodo, per la salute degli operatori a diretto contatto con questi vapori. Si debbono poi anche considerare le pericolose esalazioni dell’acido muriatico, indispensabile per il decapaggio della lamiera zincata.
La legge n.626 del 1994 ora confluita nel D.LGS n. 81/2008, esaminando in generale i rischi derivati dal contatto ravvicinato con sostanze chimiche nocive, dispone che, sotto la responsabilità delle stesse imprese, tutti gli addetti alla saldatura con stagno (quindi anche i necrofori) debbano essere sottoposti periodicamente a visite mediche e controlli sanitari.

La chiusura del feretro rappresenta poi, per i famigliari del defunto, uno dei momenti più dolorosi e sgradevoli: l’ingombrante presenza di bombole, apparecchiature rumorose, assieme al sibilo sinistro del saldatore, produce nei dolenti un violento impatto emotivo.
L’utilizzo, poi, di strumenti a fiamma viva, da parte di mani inesperte, in ambienti domestici, o anguste camere mortuarie, ha spesso provocato piccoli principi d’incendio a carico di tendaggi o drappi funebri.

La circolare del ministero della Sanità 24 giugno 1993 n. 24 ha legittimato, come alternativa alle consuete leghe impiegate nella saldatura, la scelta di un adesivo denso, molto resistente e particolarmente elastico, tale da consentire una chiusura ermetica, d’eguale consistenza ed affidabilità nel tempo, delle casse metalliche. Invero la suddetta circolare parla di “saldatura a freddo” a proposito della sigillatura delle urne cinerarie, dove la chiusura ermetica delle stesse serve unicamente per evitare atti di profanazione delle ceneri o un’involontaria dispersione e non certo a trattenere i miasmi cadaverici, essendo le ceneri un prodotto inorganico, residuo di ossa calcinate, tuttavia questa tecnica, per un’ovvia proprietà transitiva, risulta, per prassi, applicabile anche ai cofani di zinco (il piombo, ormai non si usa più da decenni!)

L’innovazione, mutuata dall’esperienza francese, si presta, senza dubbio ad un ampio utilizzo, anche se permangono alcune perplessità da parte degli stessi agenti d’onoranze funebri. La legge italiana consente alle industrie funerarie di lavorare lo zinco con spessori molto ridotti, nell’ordine di 0,66 millimetri (solo nella tumulazione “in deroga” ex Art. 106 DPR n.285/1990 e conseguente allegato di cui al paragrafo 16 Circ. Min. n.24/1993, è richiesto uno zinco rinforzato di 0.74 mm, corrispondente al laminato del n. 13 secondo le norme UNI)

Una tale sottigliezza produce, soprattutto nei bordi, rilevanti irregolarità oppure ondulazioni della lamiera che possono produrre notevoli giochi tra vasca zincata e rispettiva copertura, addirittura di diversi millimetri. Difficilmente, quindi, si riesce subito a sistemare correttamente il coperchio entro la sua sede, spesso, anzi, bisogna ricorrere a leggerissime e sapienti correzioni, fino a che i bordi dei due elementi (cassa e coperchio) collimino perfettamente.
Il classico metodo della “stagnatura” prevede che, solo quando sia stato apposto il coperchio sul cofano, si stenda uniformemente, lungo tutto il perimetro, una colata di stagno. Eventuali soluzioni di continuità tra la copertura ed il contenitore inossidabile vengono così compensate dalla fusione di lega saldante.

Nel caso, invece, di chiusura “a freddo” della bara, destinata alla deposizione in un loculo, bisognerebbe stendere prima un velo di collante sull’intero labbro della vasca in zinco e, solo in seguito, si potrebbe applicare definitivamente il coperchio.

Possibili variazioni nell’assetto del coperchio, anche se impercettibili, per assicurare un’ottimale tenuta, riuscirebbero particolarmente problematiche, perché i lembi di zinco, già impregnati di mastice, opporrebbero una certa resistenza, provocando inopportune sbavature.
Se la vista del personale necroforo che opera sul feretro con acido e fiamma, per garantirne la sigillatura, risulta particolarmente impressionante, soprattutto per le persone più sensibili, già sconvolte dal lutto, a maggior ragione riuscirebbe ancor più insopportabile l’idea di assistere ad una sorta di teatro dell’assurdo, con gli operatori funebri che armeggiano confusamente con la colla per fissare il coperchio.

Interessante un’ultima riflessione: recentemente il Ministero della Salute, con D.M. 5 luglio 2011, poi rettificato con D.M. 2 novembre 2011, ai sensi dell’Art. 115 comma 1 lett. B) del D.LGS n.112/1998, ha autorizzato, giusta l’Art. 31 DPR n.285/1990, l’uso di materiali diversi dal nastro di zinco da impiegarsi per le bare da tumulazione stagna (in alcune Regioni, infatti, è ammesso anche il loculo areato che non richiede assolutamente la cassa saldata), ancora non ci è dato sapere come, tra vasca e coperchio realizzati non più in metallo, ma in polipropilene, sarà assicurata, nel tempo, la tenuta stagna.

Per l’industria funeraria nazionale si aprono nuove interessanti prospettive, rimanendo la tumulazione la pratica funebre prevalente in Italia”.

Bisogna spostarsi in altre nazioni per vedere quali sono le norme e le differenza, e questa materia la approfondiremo nei prossimi articoli.

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