Onoranze funebri in Tv: tante le serie televisive!

Qualcuno disse: “The show must go on”.

Lo spettacolo deve andare avanti. È una frase che si sente spesso in televisione quando, in diretta o meno, accade qualcosa di grave ma… bisogna andare avanti.

Non solo in tv, è necessario andare avanti sempre e comunque nella vita, soprattutto davanti alle avversità e ai momenti difficili come può essere la perdita di un caro.

La morte e i media: rapporto complesso, delicato. Quando i telegiornali ci portano a conoscenza di eventi di cronaca nera, per la stampa non è mai facile parlare di defunti; sono troppi infatti i fattori in gioco, in primis il rispetto per la salma e per i familiari.

La morte in tv quindi non è una novità, siamo purtroppo abituati a sentir parlare di stragi, incidenti, omicidi etc… ma c’è un aspetto (forse) nuovo e non molto conosciuto: le serie televisive basate sulle Onoranze funebri.

Cioè… in televisione si parla del nostro lavoro!

Sapevate di tutto ciò? Oggi affrontiamo questo argomento particolare, scegliendo quindi un tema più leggero rispetto ad altri quali la Tanatoestica:

“colui o colei (sono molte le donne che si specializzano in questo particolare campo) che si prende cura della salma prima che venga esposta per l’ultimo saluto cercando di conferirle un aspetto più naturale possibile, simile a quello che aveva in vita. Un risultato che viene ottenuto attraverso specifici trattamenti cosmetici e, quanto si rende necessario, con avanzate tecniche ricostruttive.”

O come il fenomeno del Killfie:

“selfie che uccidono; quando cioè per vivere un momento si mette a rischio la propria vita. Una pratica fin troppo (ab)usata dai giovani visto che la fascia d’età più colpita è quella compresa tra i 20 e i 29 anni.”

Oggi no! Siamo più leggeri e vediamo come il nostro lavoro viene portato in Tv; sapete che siamo anche noi un po’ curiosi?

Six Feet Under pare che sia una delle serie Tv più conosciute e che ha appassionato milioni di fan!

È la storia di una famiglia e dei funerali che organizza; nel dettaglio la trama racconta la storia di Nate Fisher che in seguito alla morte del padre decide di diventare socio dell’impresa familiare che ha lasciato il defunto padre.

Scene di vita quotidiana familiare che, ovviamente, ruota intorno all’impresa funebre. In molti episodi, inoltre, si assiste a delle scene inverosimili, come il dialogo tra uno dei personaggi e la persona morta.

Non è qualcosa di nuovo, attenzione: la serie ha oltre 15 anni di vita e, come riporta Wired, ha ricevuto anche importanti riconoscimenti:

“Premiato con nove Emmy e tre Golden Globes e inserito da Time tra i cento migliori telefilm di tutti i tempi. regala un’esperienza da vivere o rivivere prima di finire sei piedi sottoterra come gli sfortunati clienti della Fisher & Sons.”

A quanto pare il mercato televisivo dedicato al nostro lavoro piace e non solo in America!

Anche in Italia c’è un programma, in realtà un reality sul mestiere dei becchini; è ambientata a Napoli e si chiama Morti e stramuorti, in cui anche l’ironia la fa da padrona.

La trama: la famiglia Dell’Anno, titolare da 5 generazioni di un’agenzia di pompe funebri, e i loro collaboratori, sono i protagonisti di otto puntate in cui mostrano il proprio lavoro e l’approccio napoletano all’ultimo viaggio.

Insomma, una storia vera di una famiglia che fa questo lavoro da generazione, proprio come la nostra!

Essere becchini…

Beh, non poteva mancare un programma televisivo che portasse questo nome; infatti esiste e si chiama appunto Il Becchino, serie televisiva svizzera tedesca creata da Hartmut Block, le cui ultime puntate sono andate in onda solo pochi giorni fa!

Si parla di un ex poliziotto, Luc Conrad, che rileva l’impresa familiare di pompe funebri e inizia a fare il becchino. Nonostante il nuovo lavoro continua ad investigare quando sospetta che i cadaveri non siano morti di morte naturale.

E come poteva mancare la piattaforma per eccellenza della Serie Tv?

Netflix infatti presenta Pompe Funebri in cui gli impresari maori Francis e Kaiora Tipene e i loro dipendenti usano umorismo, attenzione e rispetto per aiutare le famiglie ad affrontare un lutto.

Esempi che dimostrano come il nostro lavoro può essere anche condito da ironia e qualche risata; la cosa più importante per noi è il rispetto per il defunto e l’affetto verso familiari ed amici costretti a non salutare, parlare e condividere più le giornate con i propri cari.

Con questo articolo di oggi abbiamo provato a farvi incuriosire su aspetti un po’ più leggeri, speriamo di esserci riusciti e magari siete pronti ad avvicinarvi al nostro lavoro leggendo anche gli atri (presenti e futuri) articoli del blog!

Riti funebri in Giappone tra Shintoismo e Buddhismo

Il concetto di morte applicato alle religioni del mondo: oggi torniamo su questo argomento dopo aver affrontare il tema con dei Nativi Americani:

“Ecco perché per loro il concetto di Morte non è la “fine” di qualcosa ma una tappa del cerchio sacro, il simbolo che rappresenta la manifestazione di Wakan-Tanka, il Grande Mistero, che per tutti i nativi d’America è la massima divinità. Il passaggio della vita alla morte quindi, non era che un viaggio nel quale, chi rimaneva sulla terra, non si sentiva mai abbandonato grazie alla presenza di spiriti guida che si palesavano sotto forma di animali o forze soprannaturali ed assumono nomi diversi in relazione alla popolazione che li venera. Ad esempio, per alcune tribù le civette erano spiriti che si erano reincarnati; oppure: se una persona veniva uccisa tagliandole la gola o veniva privato del suo “scalpo”, il suo spirito restava sulla terra a disturbare i vivi; talvolta causando malattie e morte.”

In quale parte del mondo sbarchiamo oggi? In una terra mistica, magica e meravigliosa come il Giappone con i suoi riti e le sue secolari tradizioni che mescolano Shintoismo e Buddhismo.

Spieghiamo i tratti essenziali di queste credenze religiose:

  • Lo Shintoismo non prevede dogmi precisi ma una serie di rituali intesi a mediare le relazioni tra gli esseri umani e i kami cioè “dei”, che tuttavia non hanno molto in comune con le divinità a cui comunemente siamo portati a pensare: si tratta di entità soprannaturali presenti nell’intero universo, una sorta di spiriti che si esprimono particolarmente nelle forze della natura. Ogni elemento naturale è considerato manifestazione dei kami e, come tale, è in grado di stabilire un contatto con la sfera divina.
  • Il Buddhismo si indica quindi quell’insieme di tradizioni, sistemi di pensiero, pratiche e tecniche spirituali, individuali e devozionali, nate dalle differenti interpretazioni di queste dottrine, che si sono evolute in modo anche molto eterogeneo e diversificato.

Sono infatti queste due religioni che influenzano, nel paese asiatico, i riti legati alla morte:

“Nello Shintoismo non esiste una punizione ultraterrena, un giudizio universale o simili, perciò non vi è una particolare preoccupazione rispetto alla vita dopo la morte. Piuttosto, influenzato dalla sua matrice animista e dalle influenze buddhiste, questa religione si focalizza nel trovare l’armonia, la pace e la virtù in questo mondo.”  (Alberto Massaiu)

Le due anime religiose del Giappone condividono un pensiero con il Cristianesimo: l’idea della vita (dall’inizio alla fine) come festa, in quanto partecipazione alla vita divina. La persona che vive unita a Dio vive nella pace e nella gratitudine. Per questo motivo i giapponesi sono riconoscenti.

Anche nel paese del Sol Levante il defunto, per almeno 24 ore, rimane in casa o è portato negli ambienti appositamente adibiti dalle Pompe Funebri. A turno si veglia accanto a lui perché non si senta solo.

Da questo momento in poi i riti mutano a seconda delle zone; come racconta il sito Saveriane.it:

“Quasi sempre gli si mette vicino una scodella di riso per sostenerlo nel viaggio che deve intraprendere. Un tempo, pensando che i defunti dovessero attraversare prima un grande fiume e poi una montagna di fuoco, si collocava accanto a loro anche del denaro perché si pagassero il trasporto. e una ciotola d’acqua. C’erano poi vari riti ad indicare, sia la paura che l’uomo ha della morte, sia la vaga sensazione che per diventare Hotoke, cioé divinità, è necessario in qualche modo essere purificati La sera prima del funerale il bonzo viene a leggere alcuni “sutra” perché il defunto possa raggiungere il nirvana. A quel momento di preghiera partecipano familiari, amici, conoscenti, rigorosamente vestiti di nero. Ognuno passa davanti alla salma offrendo incenso e deponendo un fiore tolto dai grandi mazzi allestiti per la cerimonia. Dopo la cremazione tutti si ritrovano per un pranzo in comune nel ricordo della persona scomparsa.”

Se il per noi italiani il 2 novembre è il giorno del ricordo, i giapponesi ricordano i loro cari il 15 agosto con processioni, danze lente e tradizionali, lumini accesi su barchette, con cui si invitano quelli dell’aldilà a trascorrere alcuni giorni quaggiù con i propri cari, per poi far ritorno alla dimensione di eterna permanenza. Sono ricordati anche durante i giorni nel solstizio di primavera e autunno, come coloro che sono “passati” ed ora vivono in un altro mondo.

In realtà in Giappone non si crede a una vera distanza tra vivi e morti: i giapponesi cioè sentono una profonda e sentita riconoscenza verso coloro dai quali ha ricevuto la vita, e offre loro il frutto del proprio lavoro: primizie, cibo e preghiere, sull’altarino familiare.

Lì, ogni giorno, vibra il campanellino, il cui suono è come la voce dei propri cari.

A ciò va aggiunto che le preghiere si svolgono a scadenza fissa: cioè dopo 7 e 49 giorni dalla morte, poi durante alcuni anni. In queste occasioni è ancora chiamato il bonzo per la recita dei “sutra”.

Un vero e proprio legame quello con i cari che hanno lasciato questa terra per vivere nell’aldilà anche se… cos’è l’Aldilà per il popolo giapponese?

Culturismi.com spiega:

“il Paradiso può essere situato su questa terra, o al di là del mare, o su una montagna O negli abissi marini, oppure su, nel cielo. Vi sono casi in cui i kami (gli dei) dimorano lontano dai mortali, altre volte possono essere fra di noi, come se il regno umano e l’aldilà non fossero separati.”

Uniti per sempre, al di là della morte: sembra essere questo il mantra per i giapponesi; una dimostrazione di come la morte non deve far paura, si è sempre vivi quando si è presenti nel cuore di chi si ama.

Il nostro lavoro è difficile a volte davvero duro: vedere il dolore nel volto dei famigliari è da star male ecco perché cerchiamo di essere umanamente professionali con loro attraverso il rispetto e la vicinanza.

Sono questi aspetti, insieme ad altre curiosità, che vogliamo farti conoscere con il nostro blog.

Seguici!

Tanatoestetica: il ricordo ha la sua bellezza

La vita va vissuta sempre con dignità, non dimenticando mai ciò che siamo, ciò che sentiamo.

Vivere, non sopravvivere dicono tutti, Poi arriva la morte che ci rende tutti uguali.

E’ vero. Davanti a lei, la Morte, siamo tutti uguali; non esistono ricchi né poveri, non esiste il giovane né il vecchio.
E’ un momento che accomuna gli esseri umani, ma è anche vero che la dignità, il proprio essere non può essere messo da parte nemmeno nel momento più doloroso.

La Morte infatti è un rito che, in molte popolazioni dei Nativi d’America, è simbolo di passaggio a nuova vita:

“Ecco perché per loro il concetto di Morte non è la “fine” di qualcosa ma una tappa del cerchio sacro, il simbolo che rappresenta la manifestazione di Wakan-Tanka, il Grande Mistero, che per tutti i nativi d’America è la massima divinità. Il passaggio della vita alla morte quindi, non era che un viaggio nel quale, chi rimaneva sulla terra, non si sentiva mai abbandonato grazie alla presenza di spiriti guida che si palesavano sotto forma di animali o forze soprannaturali ed assumono nomi diversi in relazione alla popolazione che li venera. Ad esempio, per alcune tribù le civette erano spiriti che si erano reincarnati; oppure: se una persona veniva uccisa tagliandole la gola o veniva privato del suo “scalpo”, il suo spirito restava sulla terra a disturbare i vivi; talvolta causando malattie e morte.”

Essere ricordati naturalmente, con quel sorriso così… con le labbra sempre colorate da un delicato rossetto…le mani ben curate…

Sì, si può: si chiama tanatoestetica e il professionista è il tanatoesteta cioè “colui o colei (sono molte le donne che si specializzano in questo particolare campo) che si prende cura della salma prima che venga esposta per l’ultimo saluto cercando di conferirle un aspetto più naturale possibile, simile a quello che aveva in vita. Un risultato che viene ottenuto attraverso specifici trattamenti cosmetici e, quanto si rende necessario, con avanzate tecniche ricostruttive.” (oltremagazine.com)

E’ una figura importante al servizio di famigliari e amici del defunto che possono così, ricordare il proprio caro nel modo migliore.

E’ un professionista dunque che ricostruisce e dà dignità a un corpo sfigurato da un incidente oppure messo a dura prova da una malattia: interventi mirati che cercano nel miglior modo possibile di ridare la migliore immagine alla persona anche nel passaggio definitivo.

Come diventare tanatoesteta? Come per ogni professionista, ci sono dei corsi da frequentare e, in questo caso, sono organizzati dalla Scuola Superiore di formazione per la funeraria.

Essa, dal 30 marzo al 3 aprile 2020, organizza il corso di primo livello per la figura Professionale del Tanatoperatore: “I trattamenti proposti rispondono a tre obiettivi primari (la disinfezione, la conservazione e il ripristino) per preservare, in condizioni di massima sicurezza, l’aspetto della salma per il periodo necessario al commiato. Il risultato è una presentazione estetica in grado di eliminare anche le deturpazioni create da traumi o da ferite.”

Si tratta di un qualcosa molto lontana dalla tanatoprassi (impossibile in Italia ma legali in Francia e Spagna), ma comunque in continua evoluzione visto ce, in Italia, ne esistono diverse di tanatoestete.

Come, per esempio, Isela Lizano (intervista da ilgiornaleweb.it):

“Mi sono diplomata in cosmetologia in Costa Rica nel 1984 e già allora decisi che avrei frequentato un corso di tanatoestetica per mettere a disposizione di coloro che avevano perduto i propri cari la mia conoscenza del settore, fino a quel momento studiata sui libri di scuola e sperimentata solo su persone vive. Il fine ultimo è ridare alla salma un aspetto naturale in modo da rendere visivamente meno traumatico il distacco del defunto dai parenti.”

Oppure Irene Nonnis (intervista da donnesulweb.it):

“Quanto dura un intervento? Dipende… Diciamo che mediamente in 50 minuti riesco a preparare una salma poi ci sono casi in cui bisogna ricostruire parti mancanti o altro e allora ci posso mettere anche svariate ore.”

Avresti mai immaginato che esistesse un lavoro del genere?

Ecco perché un blog, per darti la possibilità di conoscere e capire meglio il nostro lavoro, fatto di mille sfaccettature e tanti aspetti sconosciuti!

Per esempio, abbiamo affrontato temi come la cremazione:

“la cremazione non riduce il cadavere in cenere; i resti di tale pratica infatti sono frammenti ossei friabili che, in un secondo momento, vengono sminuzzati fino a formare una cenere che poi, a seconda degli usi, delle consuetudini o delle ultime volontà della persona defunta, vengono custodite in un’urna, sepolte, sparse, o altro. Da quei secoli ad oggi, le cose sono profondamente cambiate e, il rito di cremare il corpo di un proprio caro, è aumentata: si stima, secondo i dati relativi al 2008, che, nelle due principali metropoli del Nord Italia, Torino e Milano, la percentuale supera il 50%.”

Così come quello della stagnatura:

“L’articolo 30 DPR n.285/1990 sui centootto articoli che stabilisce norme su l’unito regolamento di polizia mortuaria, definisce gli standard di confezionamento dei cofani in metallo di cui è costituita la doppia cassa. Proprio dall’Art. 30 del vigente regolamento di polizia mortuaria si desumono tutte le caratteristiche tecniche che un feretro.”

Diverse fasi, tanti momenti, tutti aspetti che curiamo con rispetto verso il defunto e la famiglia nel momento più difficile per loro: dire addio al proprio caro/a.

Fasi, momenti, dettagli e curiosità che potrai conoscere seguendo il nostro blog!

Novembre, il mese dedicato al ricordo: i riti funebri in italia e nel mondo

Il mese di novembre… A quanti dà un velato senso di malinconia, di tristezza?

Sarà che le giornate ci accorciano, le ore di sole sono poche e il freddo bussa alle porte delle nostre case.

Novembre poi è sempre ricordato per la commemorazione dei defunti.

La ricorrenza è preceduta da un tempo di preparazione e preghiera in suffragio dei defunti della durata di nove giorni: la cosiddetta novena dei morti. Alla commemorazione dei defunti è connessa la possibilità di acquistare un’indulgenza, parziale o plenaria, secondo le indicazioni della Chiesa Cattolica.

Ma in questo caso non c’è tristezza che dovrebbe invaderci. Certo, l’assenza dei nostri cari in questo mese si sente forse in modo più marcato; proviamo però a vederla proprio come una commemorazione, un omaggio e un ricordo positivo.

«Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere!» (Giobbe)

Una festa quindi? Sì, un modo per ricordare con il sorriso chi non c’è più, e in tanti parti del mondo il rito dei defunti è celebrato anche con tipicità gastronomiche del territorio.

Come dimenticare però il modo più bello di ricordare un defunto: portare un fiore al cimitero. Di questo abbiamo parlato in diversi articoli perché ogni stagione ha un fiore. I fiori primaverili sono ovviamente diversi dai fiori autunnali in quanto temperature e resistenza sono diversi!

“Ma come scegliere i fiori migliori in questa stagione? Questa volta forse dovremo fare un po’ i conti con la stagionalità. Sicuramente se conosciamo bene la persona che ci ha lasciato, portare i suoi fiori preferiti è il gesto più bello per sentirlo/a ancora vicino; ci sono però alcuni fattori da prendere in considerazione tipo il periodo dell’anno.”

[…] I garofani sono fiori robusti che non si appassiscono facilmente e, nel mondo dei fiori, sono tra quelli con la maggiore capacità di sopravvivenza. Durano per giorni e sono anche tra i fiori che durano di più in vaso e possono rimanere freschi fino a tre settimane se gli si danno le giuste cure e attenzioni.”

A proposito di tradizioni, diamo uno sguardo al resto del mondo?

Non possiamo non citare Halloween con le zucche intagliate. Sapete da dove deriva questa tradizione?

Leggenda vuole che Jack, un grande bevitore di birra, che, dopo essere riuscito a imbrogliare il diavolo in persona, una volta morto non fu accettato né all’inferno né in paradiso. Così, mentre vagava senza meta, per fare un po’ di luce prese una grossa rapa, ne tolse la polpa, fece dei buchi attorno e ci mise dentro alcune braci ardenti. E da allora vaga nell’aldilà con la sua lugubre lanterna.

A Singapore per esempio si festeggiano i fantasmi affamati, per celebrare l’assoluzione delle anime dei morti; oppure in Messico ci sono i famosi “dias de los muertos”, una celebrazione che arriva dalle popolazioni pre-ispaniche, più familiare che pubblica, il momento in cui si ricordano e si onorano i propri familiari defunti, che nella notte tra l’1 e il 2 novembre passano il “ponte” dall’Aldilà per unirsi alle proprie famiglie, ma solo se vengono ricordati e la loro foto esposta sull’altare familiare.

Andando in Oriente, la festa dei morti in Cina cade in aprile. In questa occasione la famiglia si reca presso le tombe dei propri cari e se ne cura, sistemando le piante, pulendo e ridipingendo i caratteri sulla tavoletta tombale. Poi, sulla tomba mette cibo in offerta e bastoncini di incenso da bruciare. Tè e vino vengono versati attorno alla tomba assieme al riso.

Questo vagando per il mondo, ma in Italia? Anche qui le tradizioni sono diverse nelle varie regioni, vediamo alcune:

  • Valle D’Aosta: si lasciano pietanze sui davanzali per i morti;
  • Piemonte: si apparecchia la tavola con un posto in più, nel caso in cui il defunto venga a fare visita;
  • Emilia Romagna: il cibo da lasciare ai defunti viene scambiato di casa in casa;
  • Abruzzo: il tavolo da pranzo apparecchiato e si accendono tanti lumini quante sono le anime care;
  • Calabria: tavola apparecchiata e un mazzo di carte nel caso in cui il defunto fosse un uomo.

Tradizioni, ricordi, emozioni: parole che da sempre fanno parte e ci accompagnano nel nostro lavoro, un lavoro spesso difficile e complicato ma che svolgiamo con tanta umiltà e rispetto.

Ecco perché vogliamo farvi conoscere da vicino il nostro quotidiano, raccontandovi di noi anche attraverso curiosità dal resto del mondo.

Avete per esempio letto l’articolo sui Nativi d’America?

“Ecco perché per loro il concetto di Morte non è la “fine” di qualcosa ma una tappa del cerchio sacro, il simbolo che rappresenta la manifestazione di Wakan-Tanka, il Grande Mistero, che per tutti i nativi d’America è la massima divinità. Il passaggio della vita alla morte quindi, non era che un viaggio nel quale, chi rimaneva sulla terra, non si sentiva mai abbandonato grazie alla presenza di spiriti guida che si palesavano sotto forma di animali o forze soprannaturali ed assumono nomi diversi in relazione alla popolazione che li venera.”

Se vi è piaciuto, tante altre notizie vi aspettano sul nostro blog!

Addio all’amico a 4 zampe: cosa fare?

Superare il dolore non è una cosa facile, né semplice, nè veloce. Spesso richiede anni e, stando a quanto dicono in molti, bisogna farsi attraversare dal dolore, viverlo; solo così potrà scorrere e andare via.

Come dire addio per sempre a un nostro caro? L’addio è solo una questione fisica, se è stata/o davvero importante, rimarrà sempre con noi e dentro il nostro cuore.

Salutare per sempre una persona che abbiamo amato è un momento complicato, allo stesso modo è complicato dire addio a un caro amico a 4 zampe.

I nostri amici animali sono entrati nelle nostre viste e nelle nostre case non solo come “compagnia” ma fanno parte e vivono la quotidianità.

Ci si affeziona alle loro coccole e alla loro presenza proprio come si vuole bene a un amico; ecco perché la morte di un gatto o di un cane può essere fonte di dolore e dispiacere.

Rispetto a molti anni fa quindi le cose sono profondamente cambiate, oggi un cane o gatto deceduto non è più trattato come banale rifiuto ma come un essere che merita cura e attenzione.

Un’attenzione sempre maggiore intorno all’argomento al punto che dallo scorso marzo si svolgono corsi per dire addio all’animale domestico proposto dalla Scuola Superiore di Formazione per la Funeraria di Bologna.

L’intento di un corso simile è quello di “contribuire a rafforzare il valore culturale dell’affezione all’animale da compagnia con specifiche informazioni sulla Death Education nei confronti del pet e fornire gli strumenti per accrescere le competenze volte alla corretta organizzazione di un commiato per l’animale da compagnia.”

A chi rivolgersi se il nostro amico a 4 zampe muore? Al proprio veterinario, per esempio, che ha il compito di certificare il decesso dell’animale; inoltre la legge prevede che tale documento vada portato all’Asl dai 3 ai 15 giorni a seconda delle disposizioni di ogni singola Azienda sanitaria locale. Il cane, a questo punto, verrà cancellato dall’anagrafe. Per il gatto, invece, non è necessario alcun certificato.

Sempre restando alla normativa, il sito La legge per tutti precisa che:

“Il certificato di morte del cane deve riportare il fatto che l’animale non abbia morso né una persona né un altro animale negli ultimi 15 giorni. Se così fosse stato, infatti, il cane non potrebbe essere soppresso finché non viene accertato che non abbia contagiato la rabbia a qualcuno. E’ importante riportare questo episodio: in caso di omertà, pur con tutte le buone intenzioni, sia il proprietario dell’animale domestico sia il veterinario avrebbero delle responsabilità nel peggiore dei casi.”

Dove si può seppellire un animale domestico? Quattro le strade possibili:

  1. In giardino a patto che il veterinario firmatario del certificato di morte lo sappia, perché se il microchip è rimasto all’interno del corpo dell’animale, l’Asl deve rilevarlo nel terreno del proprietario prima di disattivarlo. Inoltre, è possibile seppellire l’animale domestico in giardino solo se l’animale non è morto a causa di una malattia infettiva;
  2. Portare dal veterinario il corpo dell’animale defunto in modo da portarlo in qualche azienda che si occupi di cremazione di cadaveri;
  3. Avere le ceneri del proprio animale se si sceglie la cremazione singola;
  4. Portare il corpo dell’animale presso un cimitero per animali presentando anche il certificato di morte firmato dal veterinario.

Per tanti il rapporto con l’amico a 4 zampe è davvero unico e indissolubile e per lui vuole qualcosa di più: ecco che l’azienda funebre offre un servizio dedicato all’amico animale.

Ci siamo anche noi come impresa funebre a garantirti un servizio di cremazione per il tuo animale domestico di qualsiasi taglia. Ti offriamo quindi un servizio completo anche per i nostri amici a quattro zampe, nel pieno rispetto della normativa vigente.

Vicini ai nostri clienti in un momento di grande dolore unendo emozione e professionalità: è questo il nostro obiettivo quando lavoriamo.

Se sei curioso e vuoi conoscere tutti gli aspetti del mestiere, segui il nostro blog.

I Nativi d’America e la Morte: un addio senza confini

Carissimi amici del blog, ricordate quando abbiamo anticipato nell’editoriale di cosa avremmo parlato nei nostri articoli?

Bene, abbiamo mantenuto la promessa.

Abbiamo trattato dei fiori:

Parlando dei Fiori d’Autunno abbiamo ricordato un prezioso insegnamento: “Tre cose ci sono rimaste del Paradiso: le stelle, i fiori e i bambini.”

Ma il Fiore è una scelta perfetta in tutte le stagioni, anche in Estate, perché “Facile o difficile che sia esprimere un sentimento come l’amore, possiamo immaginare quanto faticoso ci appaia talvolta un gesto di cordoglio verso i familiari di un defunto? Ci assale il timore di urtare la loro sensibilità, di essere inopportuni e inadeguati. In quei momenti nessuno può far nulla. Ecco perché – forse – dirlo con un fiore, è ancora oggi la forma migliore per portare le proprie condoglianze in senso di affetto e vicinanza? Cosa si fa quando la famiglia chiede espressamente a parenti e conoscenti di astenersi dall’usanza, e di preferire opere di bene?”

E lo stesso vale in Primavera, perché come ci ricorda Malcolm de Chazal “I fiori sanno ridere, i fiori sanno sorridere, i fiori sanno anche assumere un’aria triste, giungendo persino alla disperazione – ma nessun fiore sa piangere. La natura è totalmente stoica; per questo ci offre il più sublime esempio di coraggio ed è la nostra maggiore consolatrice.

 

 Oggi iniziamo un altro filone di cui vi avevamo già accennato, ed iniziamo a parlare dei riti funebri nel mondo, vedendo nello specifico cosa accade ai nativi del Nord America, come vivono e interpretano la morte e lo facciamo subito con questi versi:

Tieni stretto ciò che è buono,

anche se è un pugno di terra.

Tieni stretto ciò in cui credi,

anche se è un albero solitario.

Tieni stretto ciò che devi fare,

anche se è molto lontano da qui.

Tieni stretta la vita,

anche se è più facile lasciarsi andare.

Tieni stretta la mia mano,

anche quando mi sono allontanato da te.

Questa è una poesia indiana che rimanda al concetto dell’aldilà, di ciò che attende l’uomo dopo la morte.

Iniziamo con queste splendide parole l’articolo di oggi analizzando e cercando di capire come le popolazioni aborigene del Nord America interpretavano la Morte.

Ma chi erano questi Indiani? Il termine più appropriato è Nativi Americani, il termine indiano infatti fu coniato con Cristoforo Colombo che, in cerca di una rotta che consentisse di raggiungere l’Asia attraversando l’oceano Atlantico, credette di aver raggiunto le Indie Orientali, ignaro invece di aver toccato le coste di un continente allora sconosciuto agli Europei; gli spagnoli battezzarono quindi il nuovo mondo “Indie occidentali”, e solo successivamente America, in onore di Amerigo Vespucci.

Molti di questi nativi del Nord America, furono popolazioni nomadi o seminomadi e questo li portò a vivere la Terra intensamente, in tutti i suoi aspetti ed elementi.

Ecco perché per loro il concetto di Morte non è la “fine” di qualcosa ma una tappa del cerchio sacro, il simbolo che rappresenta la manifestazione di Wakan-Tanka, il Grande Mistero, che per tutti i nativi d’America è la massima divinità.

Il passaggio della vita alla morte quindi, non era che un viaggio nel quale, chi rimaneva sulla terra, non si sentiva mai abbandonato grazie alla presenza di spiriti guida che si palesavano sotto forma di animali o forze soprannaturali ed assumono nomi diversi in relazione alla popolazione che li venera.

Ad esempio, per alcune tribù le civette erano spiriti che si erano reincarnati; oppure: se una persona veniva uccisa tagliandole la gola o veniva privato del suo “scalpo”, il suo spirito restava sulla terra a disturbare i vivi; talvolta causando malattie e morte.

Una forma di comunicazione non diretta con l’uomo comune, ma che ha bisogno di essere mediata da uno sciamano che possiede anche la facoltà di interagire con i defunti.

Interazioni e scambi con l’Aldilà che variavano a seconda delle diverse tribù: i Sioux, forse i più conosciuti, ritengono che una persona in punto di morte possa vedere il futuro. Mentre i riti funerari erano dei veri e propri passaggi e rinnovamento come con la danza del sole oppure la festa di Wokiksuye Wohanpi con la quale si salutano le anime prima della loro dipartita verso il regno dei morti.

Presso i Comanche invece le donne che muoiono mettendo alla luce un bambino ricevono una speciale considerazione, pari a quella di un guerriero che muore in un combattimento. La morte in battaglia, poi, viene considerata molto onorevole.

Infatti, sono particolarmente importanti i riti prima di un combattimento: purificarsi, vestirsi con gli abiti più belli, intrecciarsi i capelli è indispensabile per essere pronti all’eventuale lungo viaggio.

Il popolo dei Pawnee tutto era legato alle stelle, alla Via Lattea e alla Stella del Mattino venerata come una vera e propria divinità.

A lei, secondo un rituale antichissimo, veniva di tanto in tanto sacrificata una giovane prigioniera la cui anima, come narra la leggenda, serviva per assicurare fertilità ed abbondanza a tutta la comunità.

Anche per la sepoltura i riti erano diversi; sicuramente non era prediletta la terra. Alcune tribù del sud come i Shoshoni e i Kiowa usavano seppellire all’interno di grotte o sotto tumuli di pietre.

Dopo la cerimonia venivano distribuiti gli averi del defunto fra le persone più bisognose del villaggio e il nome del defunto non era più pronunciato da nessuno sino a che a qualche nuovo nato non venisse dato appunto quel nome.

Miti, leggende, tradizioni: ogni mondo e ogni popolo ha le sue ma il rapporto con l’aldilà, l’addio a una persona cara ha sempre forme di grande rispetto, onore e amore.

Elementi che da sempre caratterizzano il nostro lavoro, ingrato, difficile e ricco di momenti di commozione ma svolti sempre con professionalità e attenzione verso la famiglia del defunto.

Un lavoro dunque del quale ti facciamo conoscere curiosità e caratteristiche non solo italiane ed europee ma internazionali.

La morte appartiene a tutti, e ognuno ne interpreta il rito con le proprie usanze e consuetudini.

Seguici dunque sulle nostre news e tante saranno le curiosità che scoprirai!

Cosa accade al corpo dopo la morte?

Si decompone!

Perché un corpo si decompone dopo la morte?

Sappiamo tutti che Quando una persona muore il corpo fisico cessa di esistere. Tuttavia, il resto della sua esistenza o coscienza continua. Secondo le religioni l’anima continua a vivere.

Esiste davvero un luogo dove le anime dei nostri cari ci guardano, guidano e proteggono?

Domande difficili alle quali dare una risposta, sicuramente una persona cara resta per sempre nei nostri cuori, l’affetto va oltre e supera la dimensione terrena.

Il legame resta intatto, non ha barriere né confini, non si ferma nemmeno quando di quel corpo restano solo i resti, che nel tempo diventano polvere.

Perché avviene tutto ciò? “Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai”, Genesi (3,19).

Questo è l’aspetto più conosciuto della religione Cattolica che richiama alla Terra la parte fisica; tutto tornerà alla Madre Terra da dove siamo stati generati.

Ma al di là di questo c’è una spiegazione scientifica, un processo che porta il corpo ad attraversare diverse fasi di decomposizione. Oggi, in questo articolo, vogliamo approfondire questo momento delicato in cui i nostri cari lasciamo definitivamente la parte fisica e che tutti noi vivremo come atto finale del nostro passaggio.

La disgregazione del corpo umano è causata da una serie di fattori, tra cui, il principale è l’assenza di ossigeno ma anche il terreno, la temperatura, l’umidità e la chimica.

Un processo che si manifesta da subito, a poche ore con la circolazione sanguigna che si ferma generando il cosiddetto pallor mortis.

Il passaggio successivo algor mortis porta il corpo del defunto ad avvicinare la sua temperatura corporea all’ambiente circostante; fino al rigor mortis che comparta l’irrigidimento dei tessuti muscolari, che resteranno in questo stato per le successive 24-36 ore.

Si parla sempre più spesso di fattori esterni che accelerano o rallentano il processo di decomposizione.

Sembra impensabile, ma i conservanti alimentari giocano un ruolo fondamentale.

Così come questi, come sappiamo, hanno la funzione di ritardare la degradazione dei cibi, preservandone tanto le caratteristiche organolettiche, allo stesso modo pare che la presenza dei conservanti chimici alimentari nel corpo ne rallenti la decomposizione.

Qual è il nesso?

La ricerca scientifica ritiene che “la decomposizione di un cadavere è formata da una serie di processi molto complessi; mentre i conservanti sono strutturati per ottenere un obiettivo a breve termine.”

Sappiamo che sono aspetti ai quali, in momenti difficili come l’ultimo saluto a una persona cara, non si pensa assolutamente ma sono processi che importanti per noi e per il nostro lavoro.

Conoscere tali processi di tipo anche chimico, fa parte infatti della nostra professionalità insieme all’attenzione e alla vicinanza a famigliari e amici del defunto.

Possiamo dire che il nostro lavoro ha due aspetti uniti dalla parte tecnico-operativa e da quella più emozionale e delicata.

Il corpo dopo la morte si decompone, torna alla Terra e da essa ne è influenzata.

Tutto quello che è vivo, esterno rimane lì, non ha più nulla a che fare con l’ultimo viaggio che i nostri cari si apprestano a fare.

Queste informazioni di carattere generale per non cadere nelle trappole delle fake news e di tutte le non-informazioni che girano intorno all’argomento.

Il nostro blog è giovane, ma ogni mese ci teniamo ad informare e a prenderci cura delle info sane e utili per i curiosi e per chi ama approfondire gli argomenti che ruotano intorno al grande mistero della morte.

Approfondisci anche:

I fiori d’autunno

Mentre Paul Claudel scrisse: “Un fiore è breve, ma la gioia che dona in un minuto è una di quelle cose che non hanno un inizio o una fine”.

Pensare di portare un fiore sulla tomba di chi non è più vicino a noi, è un modo delicato di vivere ancora quella presenza, di sentire la persona cara vicina.

Non è facile lasciare andare qualcuno che si è amato, ma attraverso i fiori noi rendiamo ancora vivo quel sentimento!

La morte nella letteratura classica

“In ambito letterario cos’è la morte? Iniziamo da uno più notevoli esponenti letterari italiani del periodo a cavallo fra Settecento e Ottocento: Ugo Foscolo.

Per lui e per gli autori romantici del suo periodo, la morte è il momento della verità per l’uomo che si misura con sé stesso. La morte è dunque confortata del compianto delle persone care e se Foscolo non crede nella presenza dell’aldilà cristiano, crede nella corrispondenza d’amorosi sensi (Dei Sepolcri) che consente ai vivi di ripercorrere le vicende esemplari degli uomini grandi del passato imitandoli.

Con il Dei sepolcri dunque la morte cessa di essere vista come evento distruttivo ed essa consente di proiettare nel futuro la fama di chi ha vissuto degnamente.”

La cremazione: ecco cosa fare

Chi decide per la Cremazione di un defunto? L’attestazione del defunto stesso, il quale esprime questa volontà in 5 modi: scopri quali nel nostro articolo.

5 fiori d’autunno per i nostri cari defunti

Un fiore, un dono che fa sempre piacere: un modo dolce di ricordare qualcuno, di non dimenticare chi ci vuole bene, chi ci ha voluto bene, chi abbiamo amato.

Un anonimo paragonò i fiori alle tre cose belle rimaste in paradiso: Tre cose ci sono rimaste del Paradiso: le stelle, i fiori e i bambini.”
Mentre Paul Claudel scrisse: “Un fiore è breve, ma la gioia che dona in un minuto è una di quelle cose che non hanno un inizio o una fine”.

Pensare di portare un fiore sulla tomba di chi non è più vicino a noi, è un modo delicato di vivere ancora quella presenza, di sentire la persona cara vicina.

Non è facile lasciare andare qualcuno che si è amato, ma attraverso i fiori noi rendiamo ancora vivo quel sentimento!

Ma come scegliere i fiori migliori in questa stagione? Questa volta forse dovremo fare un po’ i conti con la stagionalità. Sicuramente se conosciamo bene la persona che ci ha lasciato, portare i suoi fiori preferiti è il gesto più bello per sentirlo/a ancora vicino; ci sono però alcuni fattori da prendere in considerazione tipo il periodo dell’anno.

D’estate infatti i fiori tendono a seccare prima a causa del caldo quindi servono tipologie più resistenti:

“Non dimentichiamo quello che è il fiore per eccellenza delle cerimonie e riti funerari: il crisantemo. Presenti in svariati colori, i più noti sono bianchi e gialli, i crisantemi ben si adattano ad ogni condizione climatica. Il suo essere definito il “fiore dei morti” è semplicemente legato al fatto che la sua fioritura avviene nel mese di novembre periodo che, in Italia, celebra la festa del Giorno dei Morti.”

Quando con l’autunno arriva il fresco, cambia anche la tipologia di fiore da preferire nei cimiteri. In questo articolo ve ne consigliamo 5 tra cui scegliere:

Il nome è legato all’omonimo mese dell’anno e fa parte della vastissima famiglia degli Aster, originari del Nord America, e la loro fioritura, estremamente abbondante, dura a lungo. Si tratta di una pianta perenne assai vigorosa quindi senz’altro è un acquisto interessante che non dovremo ripetere l’anno prossimo, perché esteticamente da il meglio di sé in vaso.

In autunno ha il suo momento di massima fioritura, con fiori in tonalità che vanno dal viola intenso al rosa tenue. Al di là della provenienza geografica, che ne determina anche alcune caratteristiche morfologiche, tutte le specie sono sempreverdi, perenni e di tipo arbustivo.

È una pianta particolarmente forte, e non è affatto raro infatti trovare fiori selvatici in prati e campagne. La gran parte delle specie di narciso dunque non teme né il freddo né il caldo, e può crescere anche se la temperatura scende di qualche grado sotto lo zero.

È una pianta sempreverde che si adatta bene a condizioni non proprio ottimali. Ama i luoghi luminosi e soleggiati per molte ore al giorno, ma tollera anche le esposizioni parzialmente ombreggiate. Non teme il caldo e resiste ben anche al freddo.

La pianta è una sempreverde estremamente rustica che resta sempre bellissima anche nei mesi invernali. In inverno e primavera offre inoltre una splendida fioritura bianca e rosata. Sa adattarsi agli ambienti secchi e sopravvive senza problemi nei climi più rigidi, sopporta l’esposizione all’ombra, anche se fiorisce meno, ed è particolarmente resistente alle intemperie.

Per non dimenticare basta anche in piccolo gesto come portare un fiore per tornare a rivivere i momenti più belli con la persona amata.

Per conoscere altri piccoli segreti e curiosità legate al nostro mestiere, continuate a seguirci sul nostro blog!

La morte nella letteratura classica

Come è stata interpretata e raccontata tra il Settecento e l’Ottocento da Ugo Foscolo

La domanda è sempre la stessa: cosa c’è oltre la morte?

Cosa accade quando lasciamo le spoglie mortali?

Cosa possiamo fare per alleviare il dolore e la perdita di un caro?

Cari amici lettori, oggi iniziamo un nuovo filone di articoli attraverso il quale cercheremo di raccontarvi come la morte è vista della letteratura italiana e dai grandi scrittori di ogni epoca.

Il tema della morte, del passaggio dalla vita terrena alla vita eterna, non è una novità né tantomeno uno scandalo anzi, è al centro della poetica di tanti.

Pensare alla morte fa paura, ci fa paura perché rappresenta la perdita di qualcosa di molto prezioso: la vita. La perdita della vicinanza di quelle persone che hanno parte di noi, nel nostro quotidiano; eppure la morte è solo una lontananza fisica, materiale. I nostri cari sono sempre nei nostri cuori e nei nostri pensieri, a volta basta un fiore portato sulla tomba per sentirli vicini.

Un discorso che vale per te, noi, pensando a cosa significa morire; ma in ambito letterario cos’è la morte?

Iniziamo da uno più notevoli esponenti letterari italiani del periodo a cavallo fra Settecento e Ottocento: Ugo Foscolo.

Per lui e per gli autori romantici del suo periodo, la morte è il momento della verità per l’uomo che si misura con sé stesso.

La morte è dunque confortata del compianto delle persone care e se Foscolo non crede nella presenza dell’aldilà cristiano, crede nella corrispondenza d’amorosi sensi (Dei Sepolcri) che consente ai vivi di ripercorrere le vicende esemplari degli uomini grandi del passato imitandoli.

Con il Dei sepolcri dunque la morte cessa di essere vista come evento distruttivo ed essa consente di proiettare nel futuro la fama di chi ha vissuto degnamente.

È l’opera dove il tema della morte è trattata in modo più ampio e chiaro visto che la sua nascita derivi a seguito di una discussione, avuta nel salotto letterario di Isabella Teotochi Albrizzi con il letterato Ippolito Pindemonte, sulla regolamentazione delle pratiche sepolcrali. L’editto stabiliva che le tombe dovevano essere poste al di fuori delle mura cittadine, in luoghi soleggiati e arieggiati, e che fossero tutte uguali. Si volevano così evitare discriminazioni tra i morti. Per i defunti illustri, invece, era una commissione di magistrati a decidere se far incidere sulla tomba un epitaffio. Questo editto aveva quindi due motivazioni alla base: una igienico-sanitaria e l’altra ideologico-politica.

L’editto dunque offre al poeta l’occasione per svolgere una densa meditazione filosofica sulla morte e sul significato dell’agire umano.

Lo scrittore arriva alla conclusione che “In generale il fine ultimo della morte è che va accettata come naturale destino dell’uomo”.

Ma come si fa?

Come si può?

Questa accettazione non vuol dire vivere in maniera passiva, perché è comunque possibile indirizzare il percorso della storia verso una precisa evoluzione. In questo senso, la memoria è un prezioso elemento di riscatto contro l’oblio e il nulla a cui ci porta la morte.

Morte che Foscolo narra e scrive in diversi sui capolavori; ne riportiamo due:

 

In morte del fratello Giovanni

Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo

di gente in gente, me vedrai seduto

su la tua pietra, o fratel mio, gemendo

il fior de’ tuoi gentil anni caduto.

 

La Madre or sol suo dì tardo traendo

parla di me col tuo cenere muto,

ma io deluse a voi le palme tendo

e sol da lunge i miei tetti saluto.

 

Sento gli avversi numi, e le secrete

cure che al viver tuo furon tempesta,

e prego anch’io nel tuo porto quiete.

 

Questo di tanta speme oggi mi resta!

Straniere genti, almen le ossa rendete

allora al petto della madre mesta.

Alla sera

Forse perché della fatal quiete

tu sei l’immago, a me si cara vieni,

o Sera! E quando ti corteggian liete

le nubi estive e i zeffiri sereni,

 

e quando dal nevoso aere inquiete

tenebre e lunghe all’universo meni,

sempre scendi invocata, e le secrete

vie del mio cor soavemente tieni.

 

Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme

che vanno al nulla eterno; e intanto fugge

questo reo tempo, e van con lui le torme

 

delle cure onde meco egli si strugge;

e mentre guardo la tua pace, dorme

quello spirto guerrier ch’entro mi rugge.

 

Per approfondire il tema nella letteratura ti invitiamo a leggere il nostro blog e a seguire i prossimi articoli!

Forse mai avremmo pensato di soffermarci sul discorso letterario, ma di fatto nulla è più straordinariamente avvincente del tema, laddove in queste righe ciascuno trae il suo conforto!

Cremazione: Ecco cosa fare!

Pensare di non vedere più, ascoltare e parlare più con una persona cara, non è affatto semplice.

Il momento del distacco è difficile da gestire e non si accetterà mai completamente il distacco.

Portare fiori al cimitero è il modo più bello e più umano di sentirci vicino al nostro caro

La morte è però un momento che, purtroppo, prima o poi arriva; è la legge della vita del resto: si torna alla Madre Terra.

“Polvere eravamo, polvere torneremo” diceva qualcuno. Ed è la verità: la decomposizione del corpo avviene in un lasso di tempo lunghissimo giunto il quale le ossa diventano polvere.

Il corpo che diventa polvere: è questo ciò che accade se si sceglie, quale rito funebre, la Cremazione.

Essa infatti è definita come “la pratica di ridurre, tramite il fuoco, un cadavere nei suoi elementi base (gas e frammenti ossei”.

Attenzione però, c’è una precisazione da fare: la cremazione non riduce il cadavere in cenere; i resti di tale pratica infatti sono frammenti ossei friabili che, in un secondo momento, vengono sminuzzati fino a formare una cenere che poi, a seconda degli usi, delle consuetudini o delle ultime volontà della persona defunta, vengono custodite in un’urna, sepolte, sparse, o altro.

E’ una pratica molto antica dell’Asia soprattutto in India dove culture antiche hanno creduto che il fuoco fosse un agente di purificazione e che la cremazione illuminasse il passaggio dei defunti in un altro mondo, o che ne impedisse il ritorno tra i vivi.

In Italia si parla di primitive forme di Cremazione sin dal Neolitico per poi sparire con l’arrivo del Cristianesimo; un rituale che non diventa un vero e proprio tabù ma è guardato con sospetto dalle autorità religiose e, a volte, apertamente osteggiata a causa della sua origine pagana greco-romana.

Da quei secoli ad oggi, le cose sono profondamente cambiate e, il rito di cremare il corpo di un proprio caro, è aumentata: si stima, secondo i dati relativi al 2008, che, nelle due principali metropoli del Nord Italia, Torino e Milano, la percentuale supera il 50%.

Chi decide per la Cremazione di un defunto? L’attestazione del defunto stesso il quale esprime questa volontà in 5 modi:

  • un testamento registrato dal notaio;
  • un testamento olografo (cioè scritto di proprio pugno) datato e firmato;
  • l’iscrizione ad un’associazione pro cremazione riconosciuta oppure ad una società di cremazione;
  • dal coniuge e dai parenti più vicini, con atto scritto. Se concorrono più parenti dello stesso grado, per disporre la cremazione è necessaria la maggioranza assoluta di essi da comunicare all’ufficiale dello stato civile del comune di decesso o di ultima residenza del defunto;
  • in caso di minori e interdetti, la volontà alla cremazione deve essere manifestata dai loro legali rappresentanti.

A ciò va aggiunto che la persona, può affidare il compito di disperdere le sue ceneri a un parente o amico.

Forse questo è il momento più difficile specie se la volontà del nostro caro è la dispersione in un luogo aperto; le ceneri infatti possono essere sparse:

  • in aree apposite all’interno dei cimiteri;
  • in natura, ossia in mare, nei laghi e nei fiumi solo nei tratti liberi da imbarcazioni e opere;
  • in aree private purché all’aperto, con il permesso dei proprietari e senza finalità di lucro.

Il processo di Cremazione, in generale è di competenza del Comune: ogni amministrazione infatti regola le modalità di tale rito e determina le modalità di conservazione.

Se la scelta è la conservazione in casa all’interno di un’urna, la medesima dev’essere sigillata con cura e in ogni caso:

  • consentire l’identificazione dei dati anagrafici del defunto;
  • avvenire tramite tumulazione, interramento o consegna ai familiari.

Lasciar andare una persona cara non è facile; accettare la fine della vita men che meno.

Cremazione o cimitero sono riti per accompagnarlo/a nel suo ultimo viaggio ma la cosa più importante è che il loro ricordo resterà sempre vivo dentro noi.

Con questo articolo di oggi, ti abbiamo raccontato un piccolo ma importante aspetto del nostro delicato lavoro; seguiteci sul nostro blog per scoprire molto di più.

Open chat
Posso aiutarti?
Salve,
posso esserti di aiuto?